Come al solito darò per scontato che chi giunge qui a leggere questo articolo abbia giocato e finito Nier: Automata, così da evitarmi il dispiacere di dover spiegare l'ovvio.
“Una notte in un tempo ormai remoto, l’uomo si svegliò e vide sé stesso. Egli vide che era nudo nel cosmo, senza dimora nel suo stesso corpo. Ogni cosa si aprì davanti ai suoi pensieri, meraviglia dopo meraviglia, terrore dopo terrore, tutto sbocciò nella sua mente.
Poi si svegliò anche la donna e vide che era tempo di uscire e uccidere. E l’uomo raccolse il suo arco, frutto dell’unione tra spirito e mano, e andò fuori sotto le stelle. Ma quando gli animali vennero alla fonte, dove lui era solito attenderli, egli non sentiva più nel sangue il balzo della tigre, bensì un immenso cantico per la fratellanza di tutto ciò che vive e condivide la sofferenza.
Quel giorno egli tornò a mani vuote, e quando lo ritrovarono al sorgere della luna nuova, egli giaceva morto presso la fonte.”
Da L’ultimo Messia di Zapffe, traduzione di Michele Corioni1.
La coscienza vista come una maledizione umana è comune a molta letteratura e filosofia. La disperazione che segue alla comprensione dell’insensatezza della vita è un sentimento comune all’essere umano. Tutti abbiamo avuto le vertigini di fronte alla nullità. L'accettazione di questa senso di inessenzialità, se non della vita stessa almeno della coscienza, è un passo difficile da compiere nella vita. In soccorso ci può venire la letteratura, il cinema, l'arte in generale, l'altro. Poche opere, però, sono riuscite come Nier: Automata a universalizzare l'accettazione di un'assenza di scopo, e nel fare ciò l'opera di Yoko Taro sfrutta il linguaggio del suo stesso medium. Questo flusso costante di imbarazzo che è la vita deve non essere preso sul serio, solo così sconfiggeremo l’ecpirosi, solo così, come un monaco zen, rideremo di fronte alla nienteità e ci sentiremo meno soli.
Nier: Automata racchiude tutta la sua tesi e la sua poetica nel finale, ma per arrivarci dovremmo essere gettati in un vortice di disperazione.
Nier: Automata è un’opera esistenzialista. La coppia di protagonisti, 2B e 9S, si interrogheranno per tutto l’intero gioco sul significato della loro esistenza, sul senso del ciclo di vita e di morte a cui, sia loro che i loro nemici, sono sottoposti. Infatti sia gli androidi che le macchine sono pressoché immortali potendosi rigenerare all’infinito grazie a copie di back up o grazie alla rete neurale delle macchine.
Qual’è il vero senso dell’esistenza? Per gli androidi è la protezione della razza umana, “glory to mankind!” è infatti il loro motto, ma di fronte alla morte del dio che detta la moralità cosa potrà mai dare senso alle esistenze? Le macchine, infatti, avendo ucciso i loro padroni sono perdute, esattamente come l’uomo nieztchiano che ha ucciso dio, e cominciano a cercare uno scopo, un senso, fondando religioni, culti, regni o indagando e imitando l’umanità stessa. La perdita di senso non libera le macchine, ma le rende schiave di una ricerca ossessiva, e, invece di gioire dell’insignificanza, si struggono nell’insensatezza e continuano infinitamente a interrogare l’esistenza.
Forse ogni singola comunità di macchine o di personaggi più importanti rappresenta un’illusione della ricerca del senso. La comunità di Pascal potrebbe rappresentare la società contemporanea completamente assuefatta alla quotidianità e, quindi, troppo impegnata in attività banali per continuare a interrogarsi. Adam ed Eve potrebbero rappresentare la ricerca culturale come senso della vita, entrambi studiano gli umani, ma mentre Adam arriva alla conclusione che l’odio e la morte è ciò che rendeva sensata la vita degli esseri umani:
“Solo allora ho capito la verità. Il nucleo dell’umanità… è il conflitto. Combattono, rubano, uccidono, QUESTA è l’umanità nella sua forma più pura!”
Eva crede, invece, che fosse l’amore terribile e terrificante verso il fratello a dare un senso alla sua vita.
La Red Girl potrebbe rappresentare la continua ricerca del miglioramento per diventare un super uomo, attraverso il mettersi alla prova contro le difficoltà della vita, infatti, tutti i suoi Ego si interrogheranno sul da farsi con gli Androidi, giungendo alla conclusione che andrebbero lasciati in vita come soluzione migliore per continuare l'evoluzione finale delle macchine, una costante ricerca di miglioramento.
“Abbiamo bisogno di più pressione evolutiva. Se permettiamo a questo androide di continuare a vivere, potremmo crearci ancora più difficoltà. Superare la crisi che ciò crea offrirà un’opportunità per la nostra tipologia di evolversi ulteriormente."
Nel Regno della Foresta si adora un idolo, una macchina coraggiosa che si era liberata dalla mente neurale affermando la propria volontà e che quindi aveva donato un pezzo di sé a ogni macchina per dargli indipendenza fondando, appunto, un regno. Qui si trova un senso nell’idolatria e nel fanatismo.
“Il tuo spirito continua a vivere in noi. O grande re. E quindi vi imploriamo di riposare in pace”.
C’è poi anche una comunità di macchine che ha trovato in una religione il suo senso. Una religione che ha portato a un suicidio di massa quando il loro re dio è morto, convincendo tutte le macchine che l’unico modo per raggiungere dio fosse la morte, creandone un vero e proprio culto:
“Questo non può continuare, questo non continuerà. Diventiamo come Dio”.
Simone, invece, è una macchina che per conquistare l’amore di Jean Paul commette uccisioni e massacri al fine di modificare il suo aspetto per essere vista come bella, inutile dire che l’amato nemmeno la degnerà di uno sguardo, facendola sprofondare in una depressione omicida. La ricerca di senso della sua esistenza attraverso il perfezionamento della sua bellezza è risultata infruttuosa e inutile.
Ma forse il caso più esplicativo, e che tocca maggiormente i nostri protagonisti, è YoRHa. YoRHa non è altro che una bugia, una menzogna per mascherare l’estinzione degli umani, un’illusione per continuare a dare agli androidi uno scopo e a giustificare il loro “eterno” ciclo di vita e di morte. YoHRa che si nasconde sulla luna, quasi come una divinità celeste nascosta all vista in un iperuranio impalpabile. Quando nel gioco finalmente ci verrà rilevata la verità su YoHRa ne saremo sconvolti esattamente come i protagonisti, tutto quello che avremmo fatto fino a quel momento ci sembrerà quindi inutile. Il gioco stesso aveva già disseminato qualche piccolo indizio sulla scomparsa degli umani, soprattutto perché ci si riferisce a loro al passato, ma è un'idea che cercheremo di rifuggire, perché la non esistenza degli umani è la dichiarazione dell’insensatezza delle nostre azioni. La presa in giro diventerà, quindi palese: abbiamo ucciso e distrutto senza scopo e scivoleremo in un vortice di disperazione.
La disperazione è un sentimento portante in Nier: Automata. È disperato Pascal quando scopre che i bambini del suo villaggio si sono suicidati in massa per il terrore della macchine ostili, è disperato Eve quando scopre la morte di suo fratello, è disperato allo stesso modo 9S quando assiste alla morte della persona che amava. Ma la disperazione viene nel momento in cui i personaggi si ritrovano privati di un senso, soggiogati dalla vertigine dell’esistenza.
“Siamo stati creati per combattere! Eliminare tutti gli altri e risiedere all'apice dell'esistenza! Eppure la battaglia infuria eterna! Il nostro ciclo maledetto di distruzione e rinascita continua senza fine! Nessuno di noi in questo mondo è amato! Questo mondo non ha bisogno di noi! C'è solo una soluzione…”
Dirà una macchina saggia prima di suicidarsi.
Nier:Automata dopo averci fatto soffrire per tutto il gioco con la sua scrittura, con la sua tragedia e con un gameplay non proprio dei migliori, ci regalerà un momento di sollievo nel finale. Dovremmo porre fine al ciclo di vita e di morte e non solo metaforicamente, ma proprio attraverso il gameplay. La fase finale infatti è uno shoot ‘em up di ikarughiana memoria, impossibile da superare. A ogni morte il gioco ci chiederà se arrenderci o continuare a provare, oramai intrappolati nello struggle for life continueremo a combattere fino a che il gioco non ci informerà, all’ennesima sconfitta, che i giocatori di tutto il mondo stanno venendo in nostro soccorso. Una volta superato questo inferno di proiettili il gioco ci chiederà di cancellare tutti i nostri salvataggi affinché anche noi potremmo aiutare un altro giocatore da un’altra parte. È puro altruismo, e lo faremo, perchè saremo giunti alla conclusione che la distruzione del ciclo e l’accettazione dell’insensatezza è, paradossalmente, il vero senso della vita. Abbiamo cancellato il salvataggio, ci siamo quindi finalmente liberati d’un peso e ora possiamo cominciare a vivere. Anche il semplice atto di cancellare un salvataggio ci ha trasmesso la finitezza della vita, realizzazione primordiale da cui deriva l'angoscia esistenziale. Attraverso il viaggio, però, l'atto ha un peso diverso, non solo per l'esperienza di accettazione esistenziale, ma anche per il fatto che è compiuto per un fine degno. Un contributo al viaggio di un altro giocatore che si trova anch'esso sull'orlo dello stesso pathos. È l’emancipazione dell’angoscia attraverso l’apertura all’altro, capendo che in colui che ti sta di fronte puoi specchiare le tue stesse angoscie, è l’universalizzazione di questa angoscia esistenziale quello che Nier: Automata riesce a trasmettere meglio, vuole dirci che non siamo soli in questa ricerca assurda e insensata, che tutto ciò è un ostacolo che ogni mente senziente deve superare, e che può farlo solo tramite l’altro.
Pod 153: “Tutto ciò che vive è destinato a finire. Sono perennemente intrappolati in una spirale infinita di vita e morte. Tuttavia… la vita è tutta una questione di lotta all’interno di questo ciclo. Questo è ciò che “noi” crediamo
Pod da 153 a 042. Come va?»
Pod 042: “Sono imbarazzato”
Pod 153: "Perché?"
Pod 042: “Ho lanciato un attacco suicida, eppure eccomi qui, ancora vivo. Devo sembrare molto sciocco"
Pod 153: “Non sentirti in colpa per questo. Siamo vivi, dopotutto. Ed essere vivi è praticamente un flusso costante di imbarazzo.”
Pod 042: “Questo concetto è un po’ troppo astratto per me da comprendere in questo momento. Lo salverò nella mia lista di cose da analizzare più tardi."
Pod 153: "Domanda, Pod 042. Il recupero dei dati ha ripristinato tutti i loro ricordi passati?"
Pod 042: "Sì."
Pod 153: "E quelle parti recuperate hanno lo stesso design di quelle precedenti?"
Pod 042: "Sì."
Pod 153: "Allora... questo non ci porterà semplicemente alla stessa conclusione di prima?"
Pod 042: "Non posso negare questa possibilità."
Pod 153: “Ma esiste anche la possibilità di un futuro diverso. Un futuro non ti è dato. È qualcosa che devi prendere per te stesso.