“È un fatto importante, ancorché comunemente noto, che le apparenze molto spesso ingannano.” Per esempio, su internet, il gamer ha sempre creduto di essere la tipologia di utente più intelligente, quando invece era la più stupida.
Troverete il tipico gamer a lamentarsi, su qualche forum sperduto( o su innominabili image-board), che non esistono (più) giochi belli. Io stesso mi sono ritrovato in questa spiacevole situazione: 347 articoli posseduti su Steam, gamepass e Apple Arcade attivi, Switch e PS4 pro, ma nulla da giocare. Certo, possiedo videogiochi che nemmeno ho mai avviato. Ma perché? Iniziare un’opera videoludica non è come iniziare un film, poiché il peggiore di quest’ultimi ci farà sprecare al massimo tre orette. Invece un videogioco…
Iniziare un videogioco è una scommessa che facciamo con il Tempo, durano anche centinaia di ore, e la quantità difficilmente corrisponde alla qualità.
A cavallo tra dicembre e gennaio scorso, per esempio, avevo comprato Assassin’s Creed Valhalla convinto dalle critiche sperticate lette in rete. Purtroppo dopo un paio di ore all’interno di quella Scandinavia videoludica, mi ero reso conto che non ero né il destinatario di quelle recensione né tanto meno il destinatario del nuovo titolo Ubisoft.
Comunque sia ho pensato: “provo a dargli altra mezza possibilità”, arrivando a buttarci ben dieci ore. <Odio AC Valhalla>. Dieci ore perse, dieci ore che non riavrò mai più indietro. Avrei potuto vedermi quattro-virgola-qualcosa volte Sette Samurai di Kurosawa o leggermi tutto Lo Hobbit di Tolkien con l’avanzo di 41 secondi. Ma Parliamo anche di Cyberpunk 2077, il quale ha collezionato innumerevoli 10 e 9. Dieci su Dieci, Cento su Cento, Mille su Mille. Una settimana dopo la data di lancio il distributore ha dovuto togliere dal PS store il titolo di CD Porjekt e rimborsare orde di utenti Playstation 4 scontenti poiché l’ “opera” era ingiocabile, letteralmente. Eppure ci viene costantemente fatta la predica che il videogioco non si preordina e si aspettano le recensioni delle riviste prima di capire se un titolo merita o meno l’acquisto. Le abbiamo aspettate, le recensioni, e il gioco non rispettava minimamente quello che vi era scritto.
Ma se nemmeno la critica videoludica è un indicatore adatto per scegliere l’opera in cui buttare ore preziose, come dobbiamo comportarci?
Per questo ho adottato tre regole negli ultimi mesi, che mi hanno impedito di scommettere, spesso, su videogiochi che non meritavano le mie fiches. Di seguito ve le esporrò.
Regola numero 1: conoscere sé stessi.
È importante conoscere i propri gusti, anzi, è essenziale conoscere a fondo il proprio imprinting videoludico( ho parlato del mio qui e qui).
Quello che ci piaceva da piccoli, probabilmente, continuerà a piacerci da grandi. Se abbiamo passato pomeriggi a smarmittare su Super Mario Kart, a esplorare una landa di nome Hyrule perdendoci all’interno dei suoi Dungeons, a saltellare tra barili persi in sinfonie di cespugli adesivi, a introfularci nei panni di una spia all’interno di una base segreta artica; dovremmo cominciare a ricercare quelle stesse sensazioni.
Amavi Donkey Kong Country? Beccati Donkey Kong Tropical Freeze!
Andiamo alla ricerca di quelle stesse emozioni, la trombetta blu di belbiana memoria, che ci hanno fatto battere il cuore da bambini.
C’è stato un momento, che ci ha fatto capire che il videogioco sarebbe stata la nostra passione finale, quella che avrebbe impregnato la nostra vita di significati, verso la quale avremmo messo in gioco tutta la nostra reputazione per difenderla.
Per me, quel momento fu lo scontro con Psycho Mantis.
Tutta la parte di Metal Gear Solid antecedente la boss-battle con Psycho Mantis era incentrata nel creare terrore nel giocatore verso questa figura misteriosa. Un mostro? Un uomo con poteri psionici? Un demonio?
Kojima aveva costruito la tensione in maniera perfetta: attraverso dialoghi, cutscenes, una messa in scena quasi da film horror e, soprattutto, flashback messi in scena, quest’ultimi, come se fossero un falso documentario. Il me bambino era terrorizzato da quell’essere, non nascondo che Pycho Mantis occupò tantissimi dei miei incubi fanciulleschi.
Durante la fatidica battaglia capii tutto. Compresi la potenza del videogioco. L’epicità dello scontro, la lettura della mente attraverso la memory card, il riuscire a far vibrare il controller a distanza e la sua tragica conclusione mi avevano fatto immergere completamente in un universo parallelo. Io ero Snake. Tremante, affaticato, terrorizzato dalla sconfitta, misi tutto me stesso in quell'attimo.
Lo spaventoso psionico doveva morire, era il nemico. Ma alla fine capii, mentre reggevo il corpo morente dell’uomo con le lacrime che bagnavano il mio viso imberbe. Psycho Mantis non era altro che un bambino terrorizzato come me e io lo avevo ucciso, entrambi strumenti di morte (virtuale) in mano a un autore.
Che potenza!
Qualcosa mi si era sedimentato dentro.
Volevo riprovare quelle stesse emozioni. MGS era stato un gioco che aveva rivoluzionato il medium, anche le riviste lo capirono, cominciai quindi a seguirle sperando che mi sapessero consigliare un nuovo gioco con quelle stesse caratteristiche.
Purtroppo nei venti anni seguenti arrivai alla conclusione che, molto spesso, le riviste sono dedicate ad un pubblico molto ampio e non soltanto a me. Senza contare che al loro interno vi scrivono autori differenti, con diversi imprinting e gusti.
Ho cominciato, quindi, a seguire personalità uniche, invece che una redazione. Ho cominciato a seguire autori videoludici. Ho cominciato a dubitare dei trailer. Ho cominciato a leggere interviste agli sviluppatori, che molto spesso rivelano ben più della loro opera di quanto una recensione critica potrebbe mai fare.
Non è facile, nemmeno ora, per me scegliere un videogioco, ma muovendomi su emozioni e sensazioni basate sul mio imprinting, più che su consigli togati, difficilmente sbaglio un colpo.
Ho amato Biomutant, nonostante tutti lo abbiano odiato. Ho odiato The Witcher 3, nonostante tutti lo abbiano amato. Potevo capirlo ancora prima di provarli se sarebbero stati nelle mie corde o meno.
Conoscere sé stessi non è facile, conoscere i nostri gusti tanto meno. La strada è lunga, ma è un ottimo punto di partenza.
Regola numero 2: sperimentare.
“La seconda regola è in contraddizione con la prima!” penserete voi. “"E invece NO!” vi rispondo io. Se dopo eoni spesi davanti ai videogame, a giocare sempre la solita roba, sprofondate in una noia atavica, è tempo di darsi agli indies, a giochi sconosciuti, a opere particolari che sembrerebbero fare a pugni con il vostro gusto videoludico.
La mia esperienza ci tornerà utile.
Io amo David Lynch, ma mal sopporto le avventure grafiche, testuali e punta e clicca. Eppure adoro tutta l’epopea di Kill the Past di SUDA51. Opere come The Silver Case e Flower, Sun and Rain mi sono rimaste nel cuore, e non sarebbero dovute rientrare nei miei gusti videoludici. Ma ho sperimentato gettandomi su videogiochi che richiamavano le mie preferenze cinematografici e non solo.
Così come un amante di Twin Peaks non potrà farsi sfuggire Deadly Premonition - un’opera che è contraria a tutta la mia filosofia: gameplay macchinoso, troppi dialoghi e meccaniche ripetute fino alla noia -, un amante della fantascienza classica non potrà farsi scappare Event[0]
Stessa cosa potrei dire di Kentucky Route Zero( ne parlo qui). Non esiste niente di più distante dai miei gusti videoludici, e nonostante tutto, l’opera (d’arte) di Cardboard Computer è entrata di diritto nella mia personalissima TOP10. Oltre al suo realismo magico e ai soliti riferimenti cinematografici, KTR0 rimanda anche alla letteratura e al teatro, andando a formare una ragnatela intermediale che ci spinge verso altre passioni. Spaziando in altri media, educheremo i nostri gusti. Rigiocare Dark Souls dopo aver lette Umberto Eco( e altri) potrebbe portarci a nuove e interessanti riflessioni.
Leggere, guardare film, consumare fumetti e manga potrebbe farci tornare al videogioco con rinnovata curiosità. Ma se anche questo non dovesse bastare, allora è tempo di addentrarsi nelle libreria Steam, quella popolata da opere assurde, lisergiche, estremamente originali.
Potrete trovarvi di fronte ad opere stranianti e che non vi sareste mai aspettati di sperimentare nel medium videoludico. Come Promesa: un walking simulator di tre ore scarse, che racconta la nostalgia attraverso suggestioni visive e uditive.
Consiglio quindi di cercare, scavare, indagare tra i titoli dimenticati, quelli che non troverete mai nelle pagine di una rivista.
Non tutti i titoli indies hanno la fortuna di Outer Wilds di arrivare alla ribalta; qualcuno verrà dimenticato, schiacciato dal peso dell’hype per i titoli AAA. Quindi fermatevi, non vi giudicherà nessuno se non giocherete al titolo del momento nel giorno della sua uscita.
Là fuori c’è un universo da scoprire.
Immaginate il mio stupore quando mi resi conto che quasi nessuno conosceva opere come Paradise Killer o Rain World. <Vi sto consigliando titoli con la scusa della seconda regola, non so se ve ne siete accorti arrivati a questo punto.> In pochissimi, inoltre, stanno provando Sable( gioco che io ho amato) nonostante sia su gamepass, solo perché è stato un po’ stroncato dalla critica. Ma invece di giocare l’ennesimo Far Cry( il quale, a quanto pare, sta venendo abbandonato da gran parte dei suoi acquirenti) perché non comprate e giocate un’opera come Wuppo( ne parlo qui) che vi avanzano pure 50.00 Euro( più o meno)?
Uscite dalla vostra comfort zone, scappate dall’hype, non abbiate paura di rimanere indietro rispetto alle chiacchiere da social perché non state giocando al nuovissimo titolo.
L’emozioni intense e le risate liberatorie come ve le dà Lisa, non ve le darà mai nessuno.
Un’adrenalinica discesa nell’ignoto come ve lo dà Downwell, non ve la darà mai nessuno.
La comicità grottesca come ve lo dà Reventure, non ve lo darà mai nessuno.
La claustrofobia metavideoludica come ve la dà Else Heart.Braeak(), non ve la darà mai nessuno.
Un titolo come quello di Sometimes to Deal with the Difficulty of Being Alive, I Need to Believe There Is a Possibility That Life Is Not Real, non ve lo darà mai nessuno( e come potrebbero d’altronde, è completamente folle, al gioco è annesso anche un PDF da, più o meno, cento pagine che funge da manuale di istruzioni e metanarrativa, auguri se proverete a giocarlo).
Se anche tutto questo vi annoia, non rimane che una cosa da fare. Forse un po’ estrema da mettere in atto.
Se anche il videogioco nelle sue forme più strambe e “artistiche” vi ha stufato, è tempo di passare alla terza regola.
Mi dispiace, non c’è scampo.
Regola numero 3: smettere di videogiocare
Se vi annoiate a videogiocare, guardate un film, leggetevi un libro o un fumetto.
Non esiste solo il videogioco, magari non ha più nulla da dirci, oppure, lo abbiamo talmente tanto consumato che noi non abbiamo più nulla da dargli.
Come vi dicevo nell’introduzione, il gamer è stupido, crede di essere la specie più intelligente di internet. Si è rinchiuso nella sua ecochamber (eppure dovrebbe aver giocato a MGS2), ha incentrato tutta la sua esistenza sul videogioco. Se non trova nulla che lo stimoli, invece di posare il controller si lamenterà su internet “non esistono più i videogiochi di una volta! Ormai siamo stati invasi dalla massa che ha insozzato la nostra passione”. Ecco, io quando caddi in questo pensiero, spensi la console, posai il controller e uscii di casa.
Non volevo più essere il gamer.
Se siete giunti fin qua, sappiate che ho scritto questo pezzo in più giorni con mood incoerenti. Quella che all’inizio voleva essere una serie di consigli che scimmiottasse un po’ Guida Galattica per Autostoppisti si è trasformata nel tempo in qualcosa di estremamente personale, e visto che in questo periodo ci sono i saldi Steam ne ho, pure, approfittato per consigliare qualche titolo più o meno sconosciuto.
Addio e grazie per tutti i likes.
“Non che a qualcuno interessi quello che scrivo, ma la porta di casa è all'altro capo dell'universo.”
Grazie per i consigli!