Quelli che andrò a esporre sono pensieri che i più rifuggono, che difficilmente esporrei in pubblico se non richiesto, e, anche quando mi è richiesto di dire quello che penso, la gente tende spesso a guardarmi storto o a schernirmi con battutine e risate (che sono sintomo di panico, per me). Quindi sto mettendo le metaforche mani avanti, soprattutto in questi tre punti (quindi 3 mani):
non giudico nessuno, ognuno nella e della sua vita fa quello vuole (peccato che molto spesso decidano anche della vita degli altri);
queste sono cose serie, la battuta, nemmeno originale, “allora suicidati” palesa ignoranza e non comprensione;
il mio pensiero è profondamente ateo, se scado in qualche metafisica sappiate che è solo per il piacere del lirismo, e della mia immaginazione (non esiste un cazzo, per me, oltre la realtà). Credo che la scienza sia l’unico strumento per conoscere la realtà, la natura e quello che ci circonda ma che siamo maledetti dal fatto che non riusciremo mai a venirne a capo. Potremmo sempre più avvicinarci alla compresione finale, ma ci scapperà sempre.
Non credo di essere per nulla originale, e, siccome sono estremamente pigro e non ho voglia di citare le fonti, vi metto qui gli autori da cui ho copiato (non esiste, per me, l’originalità: tutto è già successo e tutto è permutazione, rielaborazione, del già esperito): Ligotti, Schopenhauer, Zapffe, Benatar, Nietzsche (prima della filosofia del meriggio), Wittgenstein, Byung Chul-Han, Dick, Lovecraft, Eco (anche se un po’ stona in questo elenco, lo ammetto).
Ultima premessa, promesso, come al solito i miei pensieri sono confusi e disordinati, ma sono chiaramente esplicitati nel primo paragrafo.
Venire al mondo è sempre un male. Esistere è peggio che non esistere. Morire è peggio di vivere1. La coscienza è una maledizione.
Questi sono i concetti da cui parto. Quando qualcuno, cioè i nostri genitori, decise di strapparci dalla non esistenza, ci pose di fronte a due certezze terribili: sofferenza (delusioni, malattie, incidenti, desideri non realizzati ecc ecc) e morte. Se siamo abbastanza fortunati dovremo avere a che fare anche con la vecchiaia e, quindi, il decadimento del nostro corpo e della nostra mente.
Qualcuno potrebbe dirmi che “nella vita avremmo delle felicità”, ma controbatto subito che quest’ultime non saranno mai certe e che saranno di gran lunga inferiori alle nostre sofferenze. Se credete diversamente è perchè siamo biologicamente portati a pensare così2: ovvero che i momenti felici siano di gran lunga maggiori di quelli di sofferenza/tristezza (chiamatela un po’ come volete).
L’unica obiezione che accetto è quella che essendo noi le nostre percezioni (sensi) e che, quindi, percependo i momenti di gioia come maggiori, poco importa che non sia vero, siamo programmati a sentire così e così la viviamo (bene). Ma c’è una cosa orribile che aspetta tutti (e che non ha nessuno ad aspettarci dall’altra parte): la morte.
La morte è il male finale, strappare una possibile persona dalla non esistenza solo per la certezza di donargli la morte è la cosa peggiore che si potrà mai “regalare” a qualcuno. Per questo non ammetto il (mio) suicidio, perchè una volta in ballo è meglio ballare che non farlo affatto. Una volta quì tutto sommato è divertente esserci. Un po’ come i matrimoni in piena estate, sono uno strazio, ma una volta che ci sono, mi diverto, ma preferirei evitarli sempre3. - Ovviamente sto parlando di me, un uomo nato in occidente e tutto sommato benestante, le cose non potrebbero essere così belle per altre persone, anzi credo che la maggior parte delle persone oggi e in passato abbiano sofferto e/o soffrano terribilmente e quotidianamente (certo, anche un contadino nel medioevo avrà avuto un suo momento di gioia, ma ammetto che non scambierei mai la mia vita con la sua, figuriamoci la mia non esistenza).
La cosa peggiore è che, inoltre, mettere al mondo un figlio non è una cosa consensuale, non si chiede alla persona futura se voglia esserci, se voglia affrontare questa cosa orribile che è la vita. Anche ammettendo che la vita in alcuni casi possa essere solo felicità, stiamo comunque, come umanità, e come vita in generale, facendo una scommessa sulla pelle di qualcun altro.
E sia chiaro, non mi riferisco solo all’essere umano, ma a tutte le forme di vita dotate di coscienza (seppure minima). Più la coscienza aumenta, però, più aumenta la sofferenza. Per questo l’intelletto e la coscienza sono una maledizione.
Sapere, avere le capacità di disvelare l’inganno ultimo della vita, comporta, quindi, una maggiore sofferenza che non sapere affatto. Potremmo dire, quasi, che la coscienza è stata un errore della natura. Per quale motivo fare il “dono” della consapevolezza a delle creature?
Siamo carne su una roccia che vaga nell’universo, non c’è un senso alla nostra esistenza, cercarlo è illudersi, è mentire a noi stessi. Siamo biologicamente portati ad amare la vita e a rifuggire l’idea dell’antinatalismo, ma vi dico che se ci estinguessimo sarebbe solo un bene (e non solo noi, tutta la vita nell’universo).
Onestamente prima o poi ci estingueremo come razza umana, e anche nell’assurda ipotesi che la nostra specie riesca ad arrivare alla fine dei tempi, dopo non ci saremmo più (non essendoci neanche più il tempo stesso) e, quindi, è meglio porre fine ora alla sofferenza, per evitare di buttare in questo mondo a soffrire altri individui. Smettere di voler fare esistere altre persone per impedire che altre persone soffrano.
L’estinzione nostra è auspicabile per le persone future che ancora non esistono e che saranno costrette a esistere. Meglio estinguerci ora e subito, che dopo e tardi. Certo per gli ultimi umani sarà veramente una cosa dolorosa e piena di sofferenza, ma risparmierà a tutti i futuri non nati (increati) la vita.
Ovviamente queste cose sono (percepite come) deliri, non ci estingueremo mai (forse) consciamente e volontariamente, siamo biologicamente portati a sopravvivere e a moltiplicarci. Sono le regole della natura e della vita. E io non obbligherei mai qualcuno a non fare figli, vi chiedo solo di pensarci bene, perché se c'è una cosa a cui non rinuncerei mai è la libertà individuale (supponendo il libero arbitrio esista e blablabla, ma ne riparleremo, forse, in futuro).
Maledetti dalla coscienza ci illuderemo di avere un senso, e che ci sia un Piano: il progresso umano, l’arte, l’esplorazione dell’universo, la conoscenza, Dio ecc ecc… e grazie al linguaggio non faremo altro che mentirci (alla fine “è segno tutto ciò che è usato per mentire”), cercando di scappare dalla realtà e dalla verità che, cioè, non c’è nulla, è tutto qui (forse anche per fortuna, questa cosa potrebbe essere un gran sollievo) e che nessuno ci ha chiesto gentilmente se avremmo voluto essere qui, e che in fondo c’è solo la fine termica dell’universo, niente sopravvivrà.
Ma una volta che siamo qui è giusto godersela e cercare di rendere la vita meno sofferente per gli altri, o almeno per quelli che ci stanno intorno. Cercare di vivere nel presente costantemente, chè nel caso esistesse un eterno ritorno vorrei che ogni momento (anche se è impossibile) sia degno di essere vissuto. Però spero (anzi mi auguro proprio che non sia così) non esista l’eterno ritorno per non condannare alla dannazione ciclica e infinita le persone (anche qui pensate al passato che è stato orrendo per la maggior parte delle persone, pensate banalmente all’olocausto, alla caccia alle streghe, alla schiavitù, allo sterminio dei nativi americani ecc ecc… che cosa orribile sarebbe se ci fosse l’eterno ritorno). E nel caso esistesse, i nostri sensi sarebbero una benedizioni non permettendoci, essi, di percepire il tempo in modo circolare. - Ma, forse, la visione cristiana del tempo lineare è troppo ottimistica: c’è un inizio e una fine e, quindi, uno scopo (altra illusione). - Noi siamo i nostri sensi e nulla più.
Il fatto di essere i nostri sensi, e che ci è impossibile esperire la realtà in altro modo (gli strumenti servono solo a potenziare i sensi: microscopio, telescopio e altro, non a donarcene altri) rende insensata la ricerca della comprensione finale della realtà. La scienza ci è utile perchè, avvicinandoci sempre più alla realtà, renderà (si spera, non sono un grande positivista) migliori le nostre vite. Ma è come se la realtà fosse un cerchio e la scienza un poligono incapace di collimare perfettamente e quindi ci mancherà sempre un punto per comprendere tutto fino in fondo, ci mancherà la collisione finale e resteremo eternamente ignoranti a brancolare nel buio. Se la natura fosse un dio, e noi la coscienza di quel dio che cerca di comprendersi, non riuscirà mai ad arrivare fino in fondo, come noi stessi non comprenderemo mai appieno il nostro subconscio anche con l’aiuto del più grande psicologo (mai) esistente.
Anche l’arte è un’illusione di immortalità. Quante volte abbiamo sentito dire “voglio lasciare qualcosa, una traccia di me”, ma è abbastanza inutile questa pretesa di immortalità perchè (1) non saremo lì a testimoniare che la nostra arte sia veramente rimasta e (2) prima o poi tutto finirà, volenti o nolenti. Credo, infatti, che lo scopo dell’arte sia quello di farci vivere il presente, di rimetterci al posto nel mondo, di squarciare il “velo di Maya”, o banalmente di intrappolarci in azioni tautologiche e di farci evadere. L’arte (intesa proprio in senso lato, come la intendo io, vedere altri miei articoli e/o video sulla questione4) serve a darci un momento di pausa dalla maledizione cosmica che ci è stata “donata” insieme alla vita.
“L’universo è solo un vuoto crudele e indifferente, la chiave per la felicità non è trovare un significato, ma tenersi occupati con stronzate varie fino a quando è il momento di tirare le cuoia” – Mr. Peanutbutter5.
Meglio non pensare. Meglio non essere coscienti, meglio non essere mai esistiti, ma nel gravoso caso in cui si esista, meglio non morire e non pensarci affatto.
E quindi non c’è scopo (e questo l’ho già detto) se non alimentare la vita e propagare la nostra specie, ma, se questa è sofferenza, perchè continuare a farlo?
Ovviamente non sempre, in caso di vita dolorosa per causa di malattie o altro probabilmente vivere è peggio di morire.
Ci sono delle toerie psicologiche su questo, per prima cosa vi rimando al pollyannaism, il resto cercatevelo un po’ da soli.
Permettetemi un po’ di battute per alleggerire i toni.
Non vi metterò i link ai video/articoli perchè ciò richiede troppo impegno, mi limito qui a banalizzare il mio pensiero: “tutto è arte, basta mettersi d’accordo, e se proprio non ci riuscissimo l’arte è ciò che piace a me”.
Vi rendete conto che in tutte queste pippe mentali la mia unica citazione sia tratta da un cartone animato? Il suo nome è Bojack Horseman, se voleste vedere qualcosa di bello stranemente prodotto dal nulla cosmico (sul serio) che è Netflix.
Probabilmente qualcuno l’avrà già detto: secondo me la felicità è dei masochisti e per fortuna, grazie a loro, anche i sadici non se la passano male
È stato un piacere leggere questo articolo. Sarà perché mi sono sempre ritrovato in questi pensieri - quindi bias di conferma a manetta - ma mi hai regalato qualche minuto di non sofferenza. Grazie.