Il cuoco Ding stava macellando un bue per il principe Wen Hui.
Lo sorreggeva con le mani e vi si appoggiava con la spalla;
i piedi saldamenti piantati al suolo, lo stringeva con le ginocchia;
il suo coltello affondava nella carne
come se stesse eseguendo la danza del boschetto dei gelsi
o ballando al ritmo della musica Jingshou.
Il principe Wen Hui disse:
”Eccellente! COme può la tua arte giungere a tanto?”.
Il cuoco Ding posò il coltello e rispose:
”Ciò di cui il vostro servo si cura è il Dao,
che va ben oltre l’arte.
Un tempo, quando cominciai a macellare buoi,
vedevo solo la bestia intera.
Dopo tre annu non vedevo più la bestia nel suo complesso.
Ora non usò più nemmeno gli occhi, ma solo lo spirito.
La mente si arresta e lo spirito agisce
secondo la struttra naturale della carne. […]”Dallo Chuang Tzu (Zhuangzi), capitolo 3 L’arte di nutrire la vita.
Esattamente come il cuo Ding, io mi sento quelle poche volte in cui azzecco un partita su Street Foghter 6: entrare in una sorta di flusso, in cui istinto e mente combaciano, e il pensiero sembra andare alla velocità dell’azione. Certo, è una cosa che mi succede raramente e basta una brutta sconfitta o un impanicamento di fronte a una combo (quasi) infinita dell’aversario per farmi uscire dal suddetto flusso. Dovrei giocare ore su ore per raggiungere la maestria del cuoco Ding e la sua freddezza, per riuscire ad assentarmi dal mondo.
Ma, come ci ricorda Dogen nello Shobegenzo, la pratica per il risveglio è già essa stessa il risveglio1, quindi il giocare a Street Fighter 6 per divenatre maestro del flusso pensiero-azione-istinto è già essere un maestro. Non sto dicendo che sono il miglior giocatore di Street Fighter 6 al mondo (probabilmente sono nell’1% dei più scarsi globalmente), ma che c’è nella ricerca del milgioramento già il germe di essere uno dei migliori. Ma tutto questo ancora non basta, perchè per raggiungere un livello accettabile dovrò rifiutare e negare di vole diventare il migliore. “Sulla strada per l’illuminazione, se incontri Ryu tagliagli la testa” (o era qualcosa del genere la citazione).
Giocando in ranked dovrei emanciparmi dal punteggio del grado che sale (ma soprattutto scende). La freddezza è una meta, esattamente come Saigyo allontanò sua figlia con un calcio, dovrei allontanare la pressione del punteggio con uno shoryuken.
Il distacco è una caratteristica che sto facendo mia nella vita di tutti i giorni, le persone che mi stanno intorno, forse, se ne stanno accorgendo. Mi sto sempre più svuotando e aprendomi al silenzio, ricerco una calma che, onestamente, non ho mai avuto. Street Fighter 6 mi aiuta a fare ciò, quando perdo e mi arrabbio, cerco sempre di riguadagnare calma per riprendermi perchè nel caso in cui riesco a distaccarmi dalla sconfitta e ad accettare l’immutabilità delle cose (soprattutto che sono state) riesco subito a rientrare in quel flusso di cui parlavo a inizio articolo.
Anch'io vorrei divenire puro e limpido, affinchè ancora più luminosa splenda la luna nel mio cuore [...]Poesia che si trova in Storia di Saigyo.
Se mi dovessero chiedere quando pratico meditando (o allevando un bue) direi che è quando gioco a Street Fighter 6. È l’unico momento in cui riesco a scacciare ogni tipo di pensiero dalla mia testa. Vacuo e de-interiorizzato, schiaccio tasti alla ricerca di un istinto che sia anche pensiero. Semmai mi sarà possibile raggiungere il Nirvana sarà su altrovi virtuali quando non ci sarà più alcuna differenza tra me e il pad, la scrivania e il PC: completamente vuoto sarà tutto e sarò come il cuoco Ding.
Non so come chiudere questo articolo e quindi non lo chiudo, lo lascio aperto così come lo sono le nostre vite e come dovremmo esserlo noi all’altro.
Uso risveglio, anzichè illuminazione, perchè mi piace di più come traduzione e perchè toglie un pochino quella patina mistica delle estasi cristiane.