Jusant è un titolo di Don’t Nod basato sull’arrampicata. Nei panni di un ragazzo dovremmo scalare una torre in mezzo al deserto in cerca dell'acqua in un mondo post-apocalittico.
Jusant fa leva sulla contemplazione del paesaggio, sull'ascolto dei suoni e su una difficoltà pressoché inesistente1, volendo, in qualche modo, ricordare quell’esperienza eccezionale che fu Journey (o Abzu). La meccanica della scalata è ottima e funziona alla perfezione: con l'uso dei tigger dorsali controlleremo la presa delle nostre mani mentre con la levetta destra la direzione della nostra mano libera, andando, quindi, noi stessi a decidere a quale appiglio aggrapparsi e quale lasciare, a tutto ciò va aggiunto l'aiuto del nostro animaletto che con il suo canto può modificare la fauna e la flora nei dintorni, fornendoci appigli aggiuntivi.
Il dover tener premuto il trigger per mantenere la presa rende perfettamente la sensazione di fatica della scalata. La scalata è quindi, finalmente, metaforicamente faticosa e non pretende di esserlo come nei titoli à la Uncharted. Scalare una parete simula perfettamente la difficoltà del gesto e non pretende di farlo “cinematograficamente” come avveniva, per esempio, durante la scalata del muro di ghiaccio da parte di Atreius in God of War Ragnarok.
Dopo ogni scalata saremo ricompensati con un panorama diverso e con la veduta di quella porzione di mondo che si allarga sempre di più. Finché, infatti, la narrazione di quel derelitto mondo, in cui la marea sembra essersi ritirata per sempre, è lasciata al solo ascolto della natura e dei suoni che furono (c'è, infatti una specie di magica conchiglia che raccoglie i rumori del passato e ci permette di riascoltarli avvicinandola all'orecchio) o alla contemplazione del paesaggio, continua a funzionare. La narrazione, stessa, e il mistero verranno meno quando leggeremo i diari e lettere lasciati da chi prima di noi ha abbandonato quei lidi e affrontato la scalata. La storia raccontata di quei luoghi attraverso i diari diventa un disturbo non funzionale perché, gli stessi diari (o messaggi), sono scritti in maniera troppo idiota, nemmeno un ragazzino delle medie scriverebbe un diario in quel modo. Se, infatti, è possibile immaginare un futuro desertico per il nostro pianeta (le cui sorti sono in mano a un pifferaio magico leggendario), è veramente fantascientifico immaginare qualcuno, soprattutto un adulto, che scriva il diario della sua vita come se fosse il liceale di un teen drama uscito direttamente da una serie Netflix.
Eccezion fatta per la parte con il vento.