Questo potrei dire che è il testo scritto del video sotto, buona lettura (o buona visione).
Outer Wilds
Da piccoli, la maggior parte della mia generazione, sognavamo di esplorare lo spazio o di fare l'archeologo, per colpa (o per merito, forse) degli imprinting che abbiamo avuto con Star Wars o Indiana Jones, ma non eviterei di citare, anche, Jurassic Park in cui il protagonista ci veniva presentato nel deserto a scavare per cercare i fossili di vecchi dinosauri, cercando di ricostruire le loro storie. Quindi da bambino sognavo di fare archeologo, o paleontologo, o di esplorare lo spazio… poi ovviamente la vita ci porta in altri lidi, questo mare tempestoso, che si potrebbe dire essere la vita, non sempre ci porta dove speravamo quando eravamo imberbi sognatori. Non sempre ci porta a realizzare i nostri sogni, ma non è detto che ci trascini in posti peggiori, potremmo trovare, anche, per puro caso l’isola del tesoro mentre stavamo cercando altro. Ovviamente la vita cambia mentre si cresce, fa parte del mondo e dell'umanità non riuscire a realizzare la totalità dei propri desideri, ma modificarli e arrivare dove possiamo arrivare, dove la nostra storia e gli altri esseri umani intorno a noi ci portano mi sembra una lezione che tutti dovremmo imparare… però c'è una cosa interessante che ci permette di vivere altre vite che non avremmo mai potuto solcare durante la nostra esistenza, e sono le opere d'arte, e in modo più specifico i racconti.
“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è una immortalità all’indietro.”
Umberto Eco.
Leggere romanzi ci fa vivere infinite vite, quindi, ma allora il videogioco? Noi videogiocatori quelle storie le abbiamo vissute da un punto di vista favorevole, noi siamo lì nei panni del protagonista e plasmiamo la sua vita, la sua storia, con le nostre azioni dentro quell’altrove videoludico. Siamo il protagonista. Siamo altre persone. Stiamo vivendo un’altra vita.
Tutto questo preambolo per dirvi che Outer Wilds è un gioco stratosferico, che racchiude proprio dentro di sé, come dicevo all'inizio, l'essenza dell'esplorazione spaziale e l'essenza stessa dell'archeologia. Infatti noi saremo questa creatura aliena il cui popolo ha sempre avuto un’ossessione (sana) per lo spazio, tanto da senitre il bisogno di esplorarlo anche tramite la costruzione di astronavi di fortuna ricavate dal legno e dalle piante. E non poteva essere diversamente per degli alieni che vivono su un pianeta chiamato Cuore Legnoso.
Ci svegliamo e siamo di fornte a un falò, pronti a esplorare lo spazio con la nostra navetta. Navigheremo nello spazio per esplorare gli altri pianeti nella speranza di decifrare i segreti che i Nomai, la razza aliena che prima di noi ha abitato questo sistema solare, hanno lasciato. Quindi il videogioco stesso non è altro che un enorme puzzle da risolvere in cui muoversi liberamente, in base agli indizi che troveremo, e in base a quello che riusciremo a capire di essi. La nostra unica esperienza sarà la conoscenza. Non c'è un upgrade, livelli o altre amenità, riusciremo ad andare avanti solo esplorando e ragionando. In alcuni casi potrebbe bastare anche una buona dose di intuito, per esempio sono riuscito a risolvere enigmi, prima di scoprirne la soluzione tramite il suggerimento degli antichi scritti nomai, grazie all’osservazione e alla sperimentazione.
Outer Wilds è un gioco che riesce a trasmettere tutta la solitudine dello spazio e dell'epopea di questi esploratori, di questi primi alieni che si buttano nello spazio per esplorarlo per pura curiosità, per capire cose c’è al di là, cosa c’è oltre. Ma allo stesso modo Outer Wilds, e quì se ne comincia a percepire la grandezza, riesce a trasmettere la sensazione di far parte di un’enorme impresa, ovvero quella dell'esplorazione spaziale. Nel vuoto cosmico, soli e, a volte, persi non ci sentiremo mai isolati perché sappiamo di stare portando avanti un'impresa, come potrebbe essere quella scientifica (per noi umani) che è un'impresa collettiva e non rilegata a uniche individualità, o nazioni, o enti. Anche la musica si muove sullo stesso piano, infatti tutti gli esploratori partiti da Cuore Legnoso hanno uno strumento che li caratterizza, e sarà la musica emanata dai loro strumenti a guidarci nello spazio. Quindi l’esplorazione spaziale, ovvero la scienza, e la muscia, ovvero l’arte, sono le due imprese che permettono all’umanità di muoversi in avanti, e di sentirsi collettività.
Se da una parte la scienza interpreta la natura, l’arte, forse, ci serve per interpretare l’umano. Outer Wilds, nello specifico, parla dell’interprete, dell’importanza dell’osservatore e del suo processo di significazione di quello che lo circonda, come se non potesse esistere l’universo senza qualcuno che gli dia significato. Certo, potrebbe sembarare una visione eccessivamente antropocentrica, ma, a mio avviso, è il messaggio che il videogioco di Mobius Digital vuole dare (e forse vogliono, anche, ampliarlo oltre l’umanità).
Ora, però, si pone un problema, non riesco a parlare oltre di questo videogioco senza addentrarmi nella parte spoiler. Quindi se non avete giocato ancora Outer Wilds andate a farlo, per tutti gli altri ci leggiamo alla riga sotto.
Il videogioco come metafora dell’arte e l’arte come metafora della natura
Alla fine poniamo fine all’Universo, al tutto, ponendo fine al loop temporale senza fine in cui L’Universo stesso era imprigionato. Non riusciva a finire per ricominciare, perchè veniva riportato indietro, e senza fine, non c’è un nuovo inzio.
Ci rtroveremo, quindi, a vivere un nuovo Big Bang e così ci sarà un nuovo ciclo, un nuovo inizio, un nuovo tutto, e chissà un nuovo Cuore Legnoso con altri esploratori pronti a navigare nello spazio.
Noi, insieme agli altri esploratori e a tutti quelli che abbiamo incaontrato durante la nostra avvenura, ci ritroveremo intorno al focolare, e ognuno suonerà il suo strumento per dare forma al nuovo Universo, e quindi dovremo osservare l’Occhio che si formerà grazie alla musica stessa, l’arte come forza creatrice e noi, osservatori, come interpreti che diamo significato alle cose. Quindi, attraverso l'osservazione stessa dell'Occhio dell'Universo riusciremo a crearne uno nuovo come se, senza l'osservazione di un interprete ovvero di un essere senziente che dia significato alle cose, non ci possa essere un nuovo inizio. Outer Wilds diventa quindi metafora dell’arte, che non esiste senza un osservatore, che non ha significato senza che nessuno glielo dia. Ma quindi l’arte è anche metafora della natura (intesa come il tutto). L'universo non esiste, e non può finire e iniziare, se non ci fosse qualcuno che lo può interpretare.
La morte orribile e meravigliosa
La morte è orribile, ma allo stesso tempo è meravigliosa in Outer Wilds, perché morendo, e avendo, quindi, interpretato il mondo e, quindi, avendo lasciato ai posteri quello che potranno poi fare per portare avanti questa impresa gigantesca che è l'esplorazione spaziale, che travalica il tempo e lo spazio, il nostro contributo sarà stato essenziale e, quindi, potremmo (illudendoci) non morire mai veramente. Perché la nostra interpretazione del mondo, di quello che ci circonda, dell'arte, degli altri, di tutto servirà a quelli che vengono dopo di noi.
Chi siamo noi? E che ci facciamo qui? Noi siamo qui per interpretare il mondo e lasciare queste nostre interpretazioni alle future generazioni affinché possano migliorare ancora di più e, si spera, andare sempre più avanti, riuscire ad arrivare sempre più lontani. Outer Wilds, quindi, ci invita a partecipare a questa enorme impresa collettiva dell’umanità che è l’interpretazione del mondo, chissà che poi in un futuro remoto qualcuno non debba assistere alla fine dell’Universo, dargli un significato per permettere a questo di andarsene in pace e tornare in una nuova forma.
Perchè avrai paura della fine, di questo bianco che esplode, e te con lui, ma la musica che ti avvolge e il premio finale che lo stesso Universo ti ha elargito, ovvero passare un’ultima notte intorno al falò a ricordarti della tua vita, ripagherà il tutto. Senza la fine non ci sarà un unizio, o almeno ci piace illuderci che sia così.