Introduzione
La prima volta che ho giocato The Witcher 3 non mi ĆØ piaciuto. Anzi, lāho trovato debole. Debole nel gameplay, nel ritmo, nel modo in cui ti faceva muovere e combattere. Ci ho provato a lasciarmi trasportare dal mondo, dalla storia, dalle ambientazioni che tutti definivano leggendarie ā ma niente. Sentivo che mancava qualcosa, e non poco.
Di recente ho deciso di dargli unāaltra possibilitĆ , e lāho rigiocato da capo a Marcia della morte, la difficoltĆ più alta. Volevo vedere se almeno forzandomi a usare le meccaniche in profonditĆ , come lāalchimia o la preparazione prima dello scontro, il gioco mi avrebbe dato di più. La risposta ĆØ sƬ: qualcosa in più cāĆØ. Alcune cose le ho rivalutate. Lāesperienza ĆØ stata più coesa.
Ma no, non ĆØ bastato a farmelo considerare il capolavoro assoluto di cui si parla in giro. The Witcher 3 ha tanti meriti ā e grossi ā ma anche limiti strutturali evidenti. Questa ĆØ la mia analisi, divisa per punti: cosa funziona, cosa no.
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Cosa funziona
Scrittura e missioni secondarie
Il vero punto di forza del gioco. I dialoghi sono solidi, i personaggi credibili, le quest ben scritte. E per āben scritteā non intendo solo nei contenuti, ma proprio nella struttura: ci sono colpi di scena, deviazioni, sorprese morali, svolte che non ti aspetti.
Le missioni secondarie non sono riempitivi, ma storie vere, spesso più interessanti della trama principale. Ti portano in posti fuori mano, ti fanno incontrare personaggi che restano impressi. In un genere dove spesso le side quest servono solo a farmare, qui sono la colonna vertebrale dellāesperienza.
Atmosfera e folklore
Lāuniverso di The Witcher 3 ha una sua identitĆ forte: ĆØ un fantasy sporco, superstizioso, pieno di fame, sangue e disperazione.
Ci sono echi del folklore slavo e del gotico contadino in ogni dettaglio: nei mostri, nei villaggi, nei riti. Lāorrore non ĆØ mai āepicoā, ĆØ più spesso familiare e marcio, come se ogni creatura uscisse da una leggenda raccontata davanti al camino, ma distorta dal tempo e dalla miseria.
Ć un mondo che riesce a essere suggestivo e inquietante senza mai esagerare con lāestetica. Rimane radicato nella terra, ed ĆØ questo che lo rende credibile.
Coerenza artistica
Tutto nel gioco ā dalle architetture alle armature, dai menu ai font ā rema nella stessa direzione stilistica.
Non cāĆØ nulla che sembri fuori posto. Anche i personaggi più sopra le righe (tipo i nobili di Toussaint) sono perfettamente in linea con lāestetica della loro regione.
Ć un lavoro di direzione artistica serio, misurato, che non cerca mai lāeffetto wow facile, ma costruisce un mondo che ha coerenza, spessore e riconoscibilitĆ .
Panorami e direzione visiva
Tecnicamente il gioco ĆØ ancora in forma, ma dove brilla davvero ĆØ nella regia visiva.
La luce, la composizione degli scorci, il modo in cui certi panorami si aprono davanti al giocatore: ĆØ tutto studiato.
Novigrad ĆØ credibile perchĆ© affollata ma compressa, le Isole Skellige funzionano perchĆ© aperte e battute dal vento, le paludi di Velen inquietano per la nebbia e i tronchi neri che emergono dal fango. Ogni zona ha unāidentitĆ chiara, e riesce a comunicare anche solo a colpo dāocchio.
ā Cosa non funziona
Un open world che non serve davvero allāavventura
Il mondo ĆØ grande, ma non ĆØ aperto davvero. Le regioni sono segmentate, separate da caricamenti. Alcune zone sono accessibili solo seguendo la storia, e i confini sono spesso mascherati male (colline invalicabili, messaggi che ti dicono ātorna indietroā).
CāĆØ una continua sensazione che non puoi andare dove vuoi, ma solo dove il gioco ha deciso che puoi. E quando puoi, ĆØ perchĆ© ti ci ha mandato con un marcatore.
Il risultato ĆØ che il senso dāavventura ā quello autentico, dove ti perdi per scelta e scopri per caso ā qui non prende mai davvero il volo.
Sovraccarico e prevedibilitĆ
La mappa ĆØ piena, densissima. Ma non nel modo giusto. Ogni cinque passi cāĆØ un punto interrogativo, ogni volta che entri in unāarea nuova ti trovi una lista di cose da fare.
Il gioco ti guida troppo, ti segnala ogni contenuto. Anche quando non lo fa subito, lo fa appena ci passi vicino.
E soprattutto, impari a riconoscere tutto: il cerchio di pietre indica un luogo di potere, la casetta nel bosco un tesoro nascosto, lo stormo di corvi un nido. Tutto si ripete, tutto diventa prevedibile.
Lāesplorazione, dopo un poā, diventa routine. Non ti perdi: spunti le icone.
Combattimento legnoso e frustrante
Il combattimento non è solo poco ispirato: è frustrante. I colpi non hanno peso, i movimenti hanno latenza, il lock-on è incerto. I nemici, soprattutto nei gruppi, sono difficili da gestire non perché siano intelligenti, ma perché il sistema ti rema contro.
E qui arriva Quen, il segno dello scudo: unāintera magia pensata per risolvere un problema che il gioco ha creato. Non vedi da dove arrivano i colpi? Non puoi gestire i nemici fuori camera? Ecco lo scudo che assorbe il primo danno e zittisce il sistema.
La cosa ĆØ quasi comica: lāunica soluzione ĆØ usare Quen come preghiera automatica prima di ogni scontro. E funziona. Ma ĆØ una pezza, non un design.
DifficoltĆ squilibrata
A difficoltĆ normale, il gioco ĆØ banalmente facile. Non ti costringe mai a usare le meccaniche che lo distinguono: lāalchimia, i preparativi, le vulnerabilitĆ .
Puoi ignorare tutto, combattere alla cieca, e comunque vincere.
A Marcia della morte, invece, tutto cambia: i nemici fanno più male, hanno più vita, e improvvisamente devi prepararti, usare oli, decotti, bombe.
Peccato che sia un cambiamento solo numerico, non concettuale. Non ci sono nuove dinamiche: solo più danni. à una difficoltà artificiosa, che ti obbliga a giocare bene solo perché il gioco è diventato scorretto.
A oggi non ho mai sentito, ancora, la necessitĆ di usare le magie, se non Quen, che ĆØ fondamentale.
Inventario disastroso
Gestire oggetti in The Witcher 3 ĆØ una fatica. Lāinventario ĆØ dispersivo, pieno di schede, filtri, tab. Non cāĆØ una logica semplice.
Ti ritrovi con decine di materiali che non sai se tenere, con mille spade simili, con pozioni che usi una volta e poi dimentichi.
Vendere il superfluo ĆØ unāagonia. Capire cosa serve per craftare anche. Ć una barriera allāesperienza, non un supporto. E in un gioco che ti bombarda di loot, fa davvero fatica a giustificarsi.
Roach, il cavallo (più comico che utile)
Il cavallo, Roach, ĆØ un meme. E non a caso. Si incastra ovunque, si rifiuta di saltare ostacoli minuscoli, compare in posti assurdi.
à il tuo mezzo di trasporto, ma ti ostacola più di quanto ti aiuti. E quando un cavallo è più fastidio che sollievo in un open world, qualcosa è andato storto.
Non ĆØ una tragedia, ma ĆØ unāaltra piccola frizione che si aggiunge alle altre. E a lungo andare, pesa.
Conclusione
The Witcher 3 ĆØ un gioco impressionante sul piano narrativo e artistico. Ha unāidentitĆ forte, un mondo coerente, delle missioni scritte con un rispetto raro per il giocatore.
Ma quando lo si vive come gioco da giocare, non solo da guardare, i limiti emergono. Lāopen world ĆØ troppo controllato. Il combattimento ĆØ poco reattivo. Le meccaniche di gioco si accendono solo sotto stress.
Ć unāopera che ha fatto scuola ā e lo capisco. Ma per me, oggi come ieri, non ĆØ il capolavoro che si dice. Ć un racconto bellissimo intrappolato in un gameplay goffo. E anche se ci sono momenti in cui tutto funziona, ce ne sono molti altri in cui vorresti solo che ti lasciasse giocare meglio.