Sono un esploratore. Il gamepad non è altro che un presunto joystick di volo di un'astronave pronta a farmi salpare per altrovi di fantasia. Ho passato una vita a prendermi in giro, a ripetermi di tenere i piedi ancorati alla realtà. Da ogni parte arrivano promesse di speranze. Speranze di una vita dopo la morte. E sia chiaro non intendo solo religiosa, ma anche speranze atee, prive di qualsiasi vincolo religioso, di qualsiasi dogma. Fare qualcosa per essere ricordati, illuderci che possa esistere un’immortalità, se non dell'anima, almeno del proprio nome. Non c'è nulla. Alla fine della vita, c'è la fine termica dell'universo. Il più grande insegnamento del buddismo è appunto tagliare la testa al Buddha, ovvero smettere di sperare nell’immortalità e accettare completamente la morte. Ricominciare a vivere con la consapevolezza totale che dopo non c'è nulla, e quindi ogni istante diventa prezioso. Smettere di prendere sul serio la nostra essenza antropomorfica e ridere della vita. Non è facile, anche per una persona atea come me. È difficile non avere paura della morte, anzi è peggio… è difficile non sperare in qualcos'altro dopo questa vita. Il non essere più qui mi atterrisce. E quindi ricerco molte vie per un “sano” escapismo.
Il videogioco lo è. Conscio della mia condizione di creatura finita (anche se la speranza non mi abbandonerà mai, credo…) tento di allungarmi la vita in altri mondi. Le storie allungano le nostre esistenze: libri, fumetti, film, serie TV hanno una funzione terapeutica (per me), mi danno l'illusione di vivere altre vite anche se solo per una manciata di tempo (che poi non è altro che la nostra vita: una manciata di tempo). Ma il videogioco (e il viaggio, ma per questioni economiche e di tempo non posso passare la mia vita in viaggio, purtroppo) è forse la forma di escapismo più sofisticata. La capacità del videogioco di immersione è totalizzante rispetto ai media sopra citati. Qualcuno ha creato un mondo altrove di pixel e ti ha dato una chiave con la promessa di una vita alternativa. Ricercare l'immortalità nel videogioco risulta, ovviamente, stupido (e dannoso), ma non è quello che vado cercando, o forse sto solo mentendo a me stesso.
Io cerco altre vite. Altri mondi da esplorare. Confini da varcare per approdare nel regno delle meraviglie e quando questi confini non sono varcabili, avere dei mondi che alludono a storie, a vite e a mitologie insondabili. Forse, il grande potere del videogioco sta nella costante allusione a mondi che non esistono. Cosa succede sullo sfondo di quelle avventure virtuali? Cosa c'è al di là dei confini dello schermo? Sta a me immaginarlo, chi ha creato il videogioco ha alluso a qualcos'altro, a un altrove, e io prendo al volo quell allusione e la trasformo in vite che non posso vivere: increate. Mi incuriosisce più la direzione in cui non posso andare in un videogioco che le direzioni che posso prendere. Cerco di varcare i confini invisibili sapientemente creati dai mastri artigiani del videogioco. Quando accendo un titolo di Zelda cerco sempre di andare nella direzione opposta di quello che il videogioco suggerisce, e se lo sviluppatore è stato abbastanza abile avrà messo uno sfondo che allude a paesaggi e a storie che non sta a te affrontare, ma ad altri, ad altre creature che vivono quel mondo.
Gli sfondi dei videogiochi raccontano storie complesse per chi sa guardare. In una matrioska di rimandi e di allusioni le storie si moltiplicano, la vita si intreccia e si impregna di significati. Torre di controllo la mia nave è salpata verso l'isola del tesoro. Mi aspettano avventure memorabili in terre esotiche e irreali. Magari incontrerò nemici invalicabili, salverò la principessa Zelda o finalmente spengerò la fiamma per dare il via all'età dell'umanità.
Arrampicandomi sul colosso osservo l'orizzonte, cosa mi attende oltre. Mentre la musica incalza mi ritrovo a scivolare nell'aria grazie alla paravela e appena toccata terra mi ritrovo a navigare su un fiume sotterraneo, prosieguo della mitologica route 0, in compagnia di estranei che sono ormai famiglia. Alla fine del fiume rimbomba una campana, qualcun altro sta portando a termine la sua epopea. Nelle guglie più alte di un mondo in rovina in cui la pioggia spazza via tutto e guardare la Luna è un miraggio, è ancorata una nave, mi apsetta per partire verso le stelle, all'esplorazione di un mondo infinito che si autogenera virtualmente e quando sarò abbastanza lontano, quando sarò solo una luce nel firmamento, confuso per una di quegli astri generati senza termine, allora sarò libero. Se posso, perché non agognare all'universo? Alla fine è proprio ciò che si trova al di là di uno schermo: l'universo.
“Dare un calcio alla ragione e fare spazio all'impossibile”. L'impossibile si trova dentro uno schermo.
"I will not die until I achieve something.
Even though the ideal is high, I never give in.
Therefore, I never die with regrets."
Fantasia finale di un bambino, il videogioco è un eterno gioco al fare finta. Nel videogioco posso fare finta che la morte non esista, il videogioco la allontana, ma allontana anche la mia pace, alimentando la speranza di immortalità. Sono stupido.
Orizzonti di immaginazione,
mondi di pixels,
venti procedurali,
mai ho visitato.
Amori perduti,
amici ritrovati,
città sepolte,
mai ho sfiorato.
Spettri alla rincorsa,
folgori spaziali,
mari gravitazionali,
mai ho sfidato.
Perso in altrovi,
che mai ho sognato.
Alla deriva in battaglie,
che mai ho contemplato.
Raccontato in storie,
a cui mai ho partecipato.
Distrutto e ricreato,
increato e ideato.
Col mio corpo qui,
con la mia mente là.
Con la mia anima ovunque,
ovunque fuggire, scappare,
perdermi in cosmi alternativi,
in un altrove di immaginazione.