Nel racconto Funes il memorioso di Borges, il protagonista, Funes appunto, subisce un trauma a causa del quale ricorderà tutto per sempre: ogni attimo, ogni particolare, ogni variante, rendendolo incapace di agire e, quindi, di vivere.
In Season: a letter to the future la protagonista lascia casa dopo un sogno premonitore sulla fine della Stagione corrente, protetta da un pendaglio magico costruito con i ricordi della madre. Lascia casa per andare a registrare le memorie degli ultimi istanti della Stagione per permettere all'umanità di passare alla Stagione successiva. Dovremo, quindi, decidere quali memorie preservare e quali lasciare da parte, perché la memoria selettiva è quella che ci è utile per sopravvivere e vivere. Se ricordassimo tutto saremmo bloccati nell'inazione, dimenticare, a volte, è una benedizione.
La struttura ludica è ridotta all'osso, infatti Season: a letter to the future è un walking simulator (in bicicletta) in cui dovremmo attraversare il mondo facendo da spettatori alla sua “fine” e registrandola sul nostro diario attraverso foto (che scatteremo noi personalmente o che troveremo nei luoghi abbandonati dall'umanità) e registrazioni audio dell’ambiente che ci circonda. Il gioco ci invita a passare delicatamente per il mondo a raccogliere le storie di personaggi che lo stanno abbandonando, di fermarci davanti a una cascata ad ascoltarne il rumore il fruscio dell’acqua, dall’assaporar lo scricchiolio del legno di un ponte quando ci passiamo sopra con la nostra bicicletta. In tutto ciò dovremmo compilare noi stessi il diario di viaggio, scegliendo cosa metterci e cose omettere, ma senza nessun obbligo, il gioco non ci obbliga in nulla, sta tutto alla nostra sensibilità. Questo diario servirà per le generazioni future, appunto a letter to the future, e dovrà essere portato in un museo immune ai cambiamenti delle Stagioni.
Il titolo ha un alone di mistero e di misticismo, ogni Stagione è legata a qualcosa, quella precedente alla guerra, quella attuale a un morbo che fa sprofondare nel sonno perenne alcune persone, e quella che sta per iniziare, forse, alla dimenticanza, all’abbandono dei ricordi e al re-iniziare. Staremo, infatti, sempre a metà tra il bisogno di dover ricordare tutto (perché la memoria è l’anima come ci ricorda U. Eco) e il bisogno di dover dimenticare (perché i ricordi potrebbero spingerci all’inazione, proprio come Funes). Forse sarebbe meglio godersi il momento presente, assaporando l’attimo, dimenticando addirittura il nostro nome e non sperare nel futuro che, come ci ricorda il personaggio del monaco, “la speranza è l’emozione più dolorosa”.
Mi hai riportato alla memoria Funes (gesto azzeccato direi). Bellissimo accostamento.