C'è un albero all'interno della Foresta Nera che è più vecchio dell'umanità . E non ha foglie, poiché sono cadute dai suoi rami da un'eternità ; eppure questo albero non è morto, ma non potrebbe essere più vivo di quanto lo sia in questo momento. Le sue radici sono così profonde nella terra che nessuno può vederle; le persone in passato facevano rituali pagani vicino ad esso, sabba delle streghe e cantavano odi per divinità dimenticate. Molte di quelle persone sono morte da tempo immemore, e le loro ossa giacciono ancora lì oltre le colline dove l'albero cresce e muore, pronte ad essere scoperte da qualche bambino mentre gioca o da qualche lupo durante la sua caccia. E attraverso i secoli molti uomini hanno visto qualcosa tra gli alberi di quella foresta e udito cantilene mistiche in linguale incomprensibili. Ho sentito parlare di una leggenda secondo cui, se si scava vicino all'Albero, si può trovare un libro, un libro antico, che narra di esistenze pre-umane, di conoscenze dimenticate, più vecchie delle stelle e forse del tempo stesso, una conoscenza al di là della comprensione. Beh, tenterò la mia fortuna andando a cercare questo libro, anche se so che potrebbe rivelarsi solo un racconto.
Così parto presto quella mattina e inizio a camminare dentro la foresta, sperando che la luce del sole duri più di quanto raccontino la favole. L'aria è fredda, come lo è stata fin dall'inizio del mondo, e il vento ulula come i lupi. Ero solo, nessuno mi credeva, nessuno aveva fede in quei vecchi racconti. Nella foresta c'è qualcosa che non va, ma non so perché, è solo una sensazione ferina, istinti primordiali mi sussurrano di scappare, ma li scaccio via… Nelle prime ore del giorno non vedo niente di strano, una foresta normale, forse un po’ lugubre, ma è esattamente quello che mi sarei aspettato. Poi, mentre cammino lungo il bordo di un ruscello, sento un rumore dietro di me che mi immobilizza, allora tendo l’orecchio e cerco di ascoltare. È come se qualcuno stesse cantando, molto dolcemente, so che se mi voltassi ora non vedrei nessuno, sembra essere la foresta stessa a cantare. Il canto diventò, poi, un coro di sussurri in una lingua che non riuscivo a comprendere. Ero terrorizzato. Sembrava una folla di voci, e le parole erano strane, in un idioma che non avevo mai udito, e provenivano dal cuore della foresta. Avevo paura che se avessi guardato indietro, spiato al di là dei roveti, volto lo sguardo dove non avrei dovuto, non avrei visto nulla di umano - solo volti di mostruosa bellezza, bocche straziate e occhi senza iridi o pupille. Eppure quello che ho visto era solo il ponte sul fiume e le nebbie che vorticavano sulla sua superficie.
Poi ho sentito di nuovo la canzone, ma adesso era molto flebile e sembrava venire dal suolo sotto i miei piedi e dai canneti accanto al ruscello. Era una musica curiosa, triste ma non funebre, quasi un sussurro, anzi un sibilo che come un serpente strisciava dalla terra fino a inondare tutta l'area. Ho pensato che fossero i lupi o, peggio, altre bestie del bosco, così ho accelerato il passo cercando di sfuggire a quell arcano suono. Ormai stavo correndo, ma mentre scappavo sentii un altro lamento: il richiamo di un uccello, ma di un uccello il cui grido era diverso da tutti quelli che avevo mai sentito prima. Di nuovo mi sono fermato, ad ascoltare. Improvvisamente il canto dell'uccello è diventanto una musica, una nota, due note, una terza nota, e poi una quarta, ognuna leggermente diversa dalle altre. Venivano dal bosco a sinistra di me, e l'ultima volta che l'ho sentito, è salito più in alto, e senza accorgermene ero arrivato all'albero. Era lì, nero come il vuoto dell'universo, morto ma vivo. Non ha foglie, ma dalla sua corteccia scorre una melma nera come catrame dai riflessi verdi e malati. Una linfa di morte. I suoi rami sembrano arti in decomposizione, come se fosse venuto da un incubo... un incubo, il fatto che l'avessi raggiunto così rapidamente sembrava più un sogno che la realtà , come quando ti perdi nelle lande di Morfeo e improvvisamente trovi la via, dimenticando direzione e tempo.
Non ricordo cosa successe dopo, era come svegliarsi da un lungo sonno. Non riesco a ricordare nient'altro ma ero nuovamente a casa seduto sul divano vicino al fuoco. C'era una tazza di caffè accanto a me e la bevvi lentamente. Avevo un terribile mal di testa e la gola mi sembrava come se qualcuno l'avesse incendiata. Non ricordavo nient'altro, ma quando mi svegliai più tardi quella sera, mi trovai a piangere nel letto. Quella notte sognai di nuovo. Camminavo attraverso una foresta, ma non era come nessuna foresta che avessi mai visto. Non c'erano alberi, solo una nebbia nera. La luna, sebbene fosse piena, brillava attraverso di essa, e sentivo strani rumori. Cercavo di andare avanti, e più camminavo, più questi rumori diventavano forti. Infine, quando i miei piedi toccarono il terreno, scoprii che la nebbia non era una nebbia affatto, ma un muro che si estendeva alto sopra la mia testa. Al centro della cinta muraria c'era un Albero, le cui radici erano avvinghiate profondamente nella terra. L'Albero portava un frutto strano che brillava di una luce rossa. Ho provato a scalarlo, ma i rami non sopportavano il mio peso e sono caduto a terra. Mi sono svegliato! Ho un libro tra le mani, da dove viene? Non ricordo di averlo letto la scorsa notte e non ho mai visto quel libro prima d'ora. Era strano, vecchio, sembrava che fosse stato rattoppato, incollato, strappato e ricucito lungo i bordi molte volte. Era come se molti libri fossero stati uniti insieme da qualche mente contorta, ma le parole e le frasi al suo interno combaciavano tra di loro, come un puzzle. Il problema era il significato di quelle parole; era una lingua che non avevo mai sentito o letto prima. I caratteri mi rammentavano un qualche alfabeto antico, poiché erano familiari ma distanti, come se fossero persi nel tempo. Ho messo via il libro e sono tornato a dormire.
La mattina seguente, mia moglie mi portò la colazione. Non disse niente, la sua faccia era preoccupata. Andai a lavoro e trovai un uomo che mi fissava al di là della mia scrivania. Gli chiesi cosa c'era che non andava, e mi parlò delle strane cose accadute in città durante gli ultimi giorni. In primo luogo, la fontana in piazza si era congelata, l'acqua si era trasformata in ghiaccio in un istante. Poi, un enorme masso era caduto dal cielo, infrangendo la finestra del municipio. Più tardi, un fulmine aveva colpito il campanile della chiesa e il campanile era crollato. Infine, c'era stato un terribile schianto nell'angolo lontano del mercato. Uscii per guardare, e scoprii che un auto si era schiantata contro il banco di un mercante che era caduto sopra i suoi prodotti, schiacciando diverse ceste di mele. Tornai a casa e raccontai queste vicende a mia moglie. Era più interessata a parlare che ad ascoltare ciò che avevo da dire, così mi sistemai comodamente e mi preparai ad aspettare che finisse. Quando alla fine terminò la sua storia, le chiesi perché non fosse più preoccupata. "Perché", spiegò, "quelle cose non sono accadute la notte scorsa. Sono successe un anno fa."
Mi sono svegliato improvvisamente per trovarmi sul bordo di un lago. Il sole splendeva alto sopra di me, la sua luce lo faceva sembrare quasi dorato, ma il suo calore era freddo come una notte di inverno. Era un bellissimo lago, una grande distesa blu con la schiuma bianca intorno ai bordi che rifletteva la luce del sole ad ogni ondulazione. E in mezzo, su una riva verde che scendeva dolcemente nell'acqua, c'era un Albero. Le sue foglie erano scure e lunghe, crescevano il più vicino possibile l'una all'altra. Ma dove le loro foglie toccavano la terra, crescevano verso l'alto ingnorando le leggi della gravità . Le sue radici si estendevano nella terra, e quando le grandi braccia dell'albero si piegavano verso l'esterno, i suoi rami inferiori, spessi come le dita di un gigante, toccavano la terra e si estendevano per raggiungere il cielo. Il suo frutto brillava di un pallido rosso, ma a differenza del rosso acceso delle ciliegie o dei pomodori, questo bagliore rossastro era quasi malato, come il sangue o il vino versati per terra. Mentre stavo guardando l'Albero, una figura mi si avvicinò da dietro, un uomo alto vestito di nero che mi sembrava in qualche modo familiare. Sorrise quando mi vide guardare l'Albero. "Devi venire", disse con una voce dolce e vecchia, come quella di un padre. "Vieni con me". Provai a rispondere, ma non uscì nessun suono, così lui continuò: "Hai sentito le leggende, hai viaggiato attraverso le terre, eppure non conosci quell'Albero, vero? Quell'Albero che sta lì davanti a noi! È l'Albero della Vita. Tutta la vita in questo mondo è cresciuta dalle sue radici nell'oscurità , ed è lì che tutto tornerà , perché l'Albero della Vita è anche l'Albero della Morte. Solo lì possiamo trovare riposo." Non gli risposi. "Solo se desideri andarci", rispose lui, indicando l'Albero. "Non voglio morire", dissi infine, la mia voce si incrinò alla luce del sole. "Oh, ma non morirai, amico mio… non subito. La tua morte avverrà qui sulla terra, il tuo corpo marcirà . Ma prima devi salire su questo Albero, così potrai vivere per sempre con coloro che ti sono cari. Hai un figlio, vero? Un figlio?" Annuii lentamente. Lui sorrise. "Ebbene", disse, "tuo figlio è lì che ti aspetta. Anche tua moglie è lì. Vieni. Non c'è nulla da temere." Guardai indietro verso la città . Mia moglie era ferma sulla riva del lago, immobile come una statua, e teneva per mano mio figlio, entrambi mi fissavano con uno sguardo preoccupato, anche se non sembravano vivi. Sembravano rappresentazioni di pietra dei miei cari, non esseri umani. Intorno a loro c'erano degli uomini vesti con abiti eleganti e consunti dal tempo e stavano in piedi accanto a mia moglie e a mio figlio, guardandoli, e potevo vedere i loro volti contorcersi in smorfie disumane. Ho afferrato i rami e ho iniziato a scalare l'Albero verso l'alto. Le braccia mi bruciavano dal dolore mentre lottavo per arrampicarmi e i rami sembravano allontanarsi da me all'infinito, ma sono salito comunque, determinato a raggiungere la cima. Alla fine ho afferrato il ramo più alto. Poi l'albero si è piegato verso l'esterno per toccare il cielo. Mi sono avvicinato al bordo e ho guardato un'espansione di nuvole, bianche e grigie come il cielo plumbeo prima di un temporale estivo, e al centro delle nuvole, il sole pendeva basso sull'orizzonte. E quando ha catturato i miei occhi, una fiammata accecante è scoppiata dalle sue profondità e mi ha colpito, così luminosa che per un istante sembrava come se tutta la luce fosse sparita. Mi sono svegliato! Ero in un cimitero vicino alla tomba di mia moglie e di mio figlio. Tenevo in mano una bottiglia di rum vuota. Avevo bevuto troppo, tutto era solo un sogno. Non c'è l'Albero della vita e della morte e non c'è l'uomo in nero, solo la solitudine in questo mondo vuoto. Nessuna fiaba per sfuggire alla morte e nessun mito per salvare i miei cari. Solo una bottiglia di rum e io.
Era notte fuori dalla piccola città di Haddonfield. Una tempesta si abbatté, portando tuoni e fulmini che rimbombavano intorno a me come dita giganti che battevano la terra. La pioggia cadeva a scrosci, e faceva abbastanza freddo da raggelare anche il cuore più forte, ma la pioggia era stata calda quando era iniziata a cadere, quindi accoglievo il suo tocco, poiché lavava via le mie miserie e il mio dolore. Sulla tomba un vecchio libro sembrava sorridermi. Lo prendo e inizio a leggere a voce bassa: "Non era il vento a causare il suono, ma piuttosto il grido di un uomo, un grido solitario, senza speranza, angosciato. E poi la sua voce morì. Per molto tempo dopo il vento ululò attraverso gli alberi scuri." Il cielo era nero come l'inchiostro. La tempesta rimbombava intorno a me. Ho pensato per un istante a mia moglie, e al suo dolce sorriso nel giorno del nostro matrimonio. Lei è morta ora, lo so. Il mio cuore affondò quando mi resi conto di questo, ma comunque, mi faceva sentire bene pensare a lei ancora una volta, e mi scaldava immaginarla bella come era stata in vita. Così ho preso il libro dalla lapide e l'ho tenuto sulla mia testa per ripararmi dalla pioggia battente. Ho deciso di entrare in un piccolo mausoleo per ripararmi dalla tempesta che infuriava. Nell'oscurità della tomba ho iniziato a leggere ad alta voce con un tono morbido e gentile, proprio come la storia raccontata nel libro era stata letta ad alta voce dall'uomo protagonista del racconto. Il libro stava raccontando la mia storia! Il libro che sembrava così strano in questo mondo dei vivi dove potevo sentire il peso di ogni parola che dicevo e il significato di ogni frase, era il libro della mia vita, mi stava diventando chiaro, come per magia. E poi la pioggia cessò, lasciando un silenzio momentaneo dietro di sé che fu improvvisamente riempito da uno stridore, uno stridore proveniente da un altro universo. Ho sentito quel grido vicino a me. Lessi, e all'improvviso un grido così terribile che per un momento mi chiesi se fossi già morto e non fossi già nel mondo dei fantasmi, o se questo fosse davvero il mondo dei sogni, la terra al di là della morte. Ommiddio! Una mostruosità sta vicino a me. Non ha un viso, ma può urlare. Il suo viso è come uno specchio e in esso posso riflettermi. Ho visto me stesso urlare deforme. Così ho cercato di muovermi per scappare, ma quella cosa ha imitato i miei movimenti. "Aiuto! Aiutatemi, qualcuno mi aiuti!" ho gridato, ma le parole sono uscite dalla creatura e non da me. Non posso parlare perché il mio mondo è diventato il suo mondo, non posso muovermi perché i miei movimenti sono diventati i suoi movimenti. E quando il mio cuore ha smesso di battere e il mondo è svanito, l'unica cosa che ho è questa bottiglia di rhum. Un attimo dopo un nuovo giorno è emerso dalle nuvole. Non esistevo più. La creatura era diventata me. E stavo in piedi fuori dalla mia tomba. Guardai giù nel buco nero che portava nella terra sottostante, vidi una bara con dentro un uomo che mi rassomigliava.