Sto camminando per le strade. Immerso nella folla, ma solo. Il rumore è assordante ma sento solo silenzio. Davanti a me c'è un uomo che parla al telefono del suo lavoro. Mi chiedo chi sia, è solo come me? È reale? Chi può dire che io non sia l'unico essere umano e che il resto delle persone non siano solo che fantasmi? Come posso sapere se non sto sognando o se sono solo un sogno sognato da un'antica creatura che scivola attraverso i venti cosmici lo spazio. Tutto ciò che vedo intorno è una grande città senza anima. Tutti stanno andando da qualche parte, facendo qualcosa. Perché? Cosa dovremmo fare qui in questo mondo? Non c'è niente da fare. Siamo nati dal nulla e poi moriamo senza aver fatto nulla. Che tipo di vita è questa? Viviamo per niente. E come potremmo dare un senso a tutto ciò? Sembra impossibile, ciò che nono conosciamo ci attira come un ragno nella sua ragnatela, ma allo stesso tempo ci è così difficile parlare di ciò che esula dalla nostra esperienza perchè non fa parte di noi. Siamo imbrigliati nel nostrto linguaggio, possiamo solo parlare di quello di cui abbiamo capacità di parlare.
Una buona idea potrebbe essere che dovremmo tutti morire, ma se la nostra coscienza rimarrebbe e cercherebbe di trovare un modo per sopravvivere? Così torneremo a esistere di nuovo, ma saremo ancora vivi come fantasmi che vagano in questo mondo. Ecco perché abbiamo paura di dormire, i fantasmi infestano i sogni. Forse quando saremo morti potremo riposare. La domanda è: quanto tempo aspetteremo prima di morire? E così continuiamo a vivere, cercando sempre una risposta alla domanda "Perché siamo qui?" Se mi perdessi nell'oscurità di un buco nero, mi sentirei finalmente libero.
Sono arrivato a casa, mangio qualcosa che trovo nel frigo e vado a letto senza essere stanco, ma sono esausto, esaurito dalla quotidianità. Mi addormento, un sonno senza sogni, terribile, nemmeno nell’incubo posso essere libero. Mi sveglio la mattina,sono più stanco della sera prima. Devo tornare al lavoro. Ma qual è il mio lavoro? Non importa più, poiché è privo di significato. Entro in ufficio e saluto con un stanco "ciao" i miei colleghi che chiacchierano delle loro vite mentre sorseggiano un caffè nero. Cerco di entrare nella conversazione, magari posso fare amicizia e smettere di essere solo. Comunque, loro non vogliono parlare con me, perché sono troppo occupati a chiacchierare tra di loro. Me lo ero dimenticato, nessuno mi nota mai. Sono anonimo, se mi guardassi allo specchio vedrei solo un pallido riflesso di un uomo. Dopo due settimane di duro lavoro, nessuno ha nemmeno notato la mia presenza nella conversazione. Poi un giorno qualcuno dice qualcosa di divertente e tutti ridono. Tutti tranne me. Poi un’altra volta rido troppo e tutti mi guardano. Non c'è da stupirsi! Se passi tutta la vita a ridere di tutto, prima o poi qualcuno chiederà se sei davvero felice. Dopo un altro mese, noto che il mio capo ha iniziato a ignorarmi completamente. Parla con gli altri dipendenti ma non con me. Mi rendo conto che pensa che io sia inutile e che non dovrei lavorare qui. Certo, meriterei di essere licenziato. Perché ho scelto una carriera così priva di senso? Decido di dimettermi immediatamente. Almeno ora non dovrò più fingere di apprezzare il mio lavoro.
Così lascio l'edificio dove ho lavorato per tre anni e cammino via. Appena metto piede fuori, inizio a guardarmi intorno. Dove dovrei andare adesso? La mia mente si sente vuota e scavata. Nulla ha più importanza, ma di significato nella mia vita ce n’è sempre stato poco. Ora quello che devo fare è cercare un nuovo lavoro, un nuovo ufficio e nuovi colleghi da cui farmi ignorare. Ogni posto di lavoro si merita il suo freak… ma improvvisamente mi ricordo di un annuncio di lavoro che sembrava piuttosto interessante. L'ho letto ieri mattina, così prendo il mio vecchio giornale dalla spazzatura della mia cucina e lo cerco. Non c'è nessun indirizzo, solo un numero di telefono, così li chiamo. Una segreteria telefonica risponde e mi chiede di lasciare il mio nome e il numero di telefono. Mi chiede di ripetere due volte e poi chiude la chiamata. Quando guardo lo schermo, vedo che non c'è nessun messaggio lasciato. Significa che sono stato disconnesso prima di lasciare il mio nome. Strano, vero? Comunque, sono sicuro che questo è il posto che devo contattare. Probabilmente è per questo che continuo a ricordare questo annuncio. Quando riattacco, inizio a pensare. Questi annunci appaiono casualmente? Sono posti ovunque per caso? O forse ci vengono inviati direttamente in base alle nostre esigenze? Forse sono personalizzati specificatamente per ogni individuo. Non ho mai sentito nessuno menzionare questa possibilità. Qualcuno crede che ci sia un sistema informatico che monitora il comportamento di ogni persona e decide di cosa ha bisogno di più in quel momento? Non sarebbe questo il controllo ultimo? Il potere del governo sui propri cittadini? Tutto ciò non ha senso, ho troppa fantasi, dovrei fare lo scrittore… Nessuno può prevedere cosa faranno gli altri. Nemmeno i computer. Siamo tutti diversi e imprevedibili, o almeno così ci immaginiamo di essere. Come potrebbe lo stato sapere esattamente di cosa abbiamo bisogno in questo momento? Anche se lo sapessero, non capirebbero le ragioni dietro le nostre azioni. Nemmeno noi sappiamo le ragioni dietro le nostre azioni, ci illudiamo del libero arbitrio perchè amiamo pensarci liberi, ma come facciamo a sapere che non ci sia un qualcosa, un qualcuno a tirare i fili delle nostra vite? O più banalmente, come facciamo a sapere che non sia tutta chimica e fisica e il nostro comportamente non è altro che dettato da impulsi elettronici nel nostro cervello?
Mi richiamano dopo qualche giorno e mi danno un indirizzo per il colloquio, che si sarebbe tenuto il giorno dopo alle 15:00.
Arrivo in anticipo, mi sono anche vestito elegante. Nuovo lavoro, nuova vita, spero. Esito un po’, perchè in mezzo a due grattacieli c’è un piccolo edificio. La porta è rossa come il sangue e non c'è niente scritto su di essa. Nessun campanello, nessun numero, nessuna indicazione, nulla. Decido che è la porta giusta perché apparentemente è l'unica che può esserlo andando per esclusione. Aspetto qualche secondo poi, titubante, busso. Qualcuno risponde rapidamente e apre la porta. Una donna vestita di nero con occhiali da sole mi saluta. “Ciao, entra per favore”, dice educatamente. Mi conduce in una grande stanza piena di librerie. Sulla parete c'è uno schermo piatto enorme che mostra le ultime notizie. Due uomini sono seduti sul divano a guardare la televisione. Uno di loro gira la testa quando entro. Noto che entrambi hanno i capelli scuri e gli occhi marroni come i miei. I loro volti sembrano familiari in modo innaturale. La donna mi conduce rapidamente in un corridoio con molte porte, una è aperta e dentro c'è una stanza enorme con tonnellate di libri, come è possibile una stanza così grande in un edificio così piccolo? Sembra impossibile. Sono frastornato, non capisco che posto strano sia questo. Sembra una dimensione onirica. Incrociamo qualche persona, probabilmente dei dipendenti e tutti si assomigliano, uomini o donne che siano.
Frastornato seguo la donna attraverso il corridoio finché si ferma all'ultima porta. “Il mio colloquio?” balbetto, mentre indico la porta. “Lo scoprirai presto, ma prima dimmi: sei mai stato innamorato?” chiede la donna. “Sì, diverse volte…“rispondo confuso da una domanda del genere. L'uomo seduto accanto a me sorride e annuisce leggermente, fino ad allora non mi ero reso conto che ci fosse un uomo di fianco a me, non mi ero nemmeno reso conto di essere dentro una stanza e che la donna ora fosse dietro una scrivania davanti a me.”Bene. Perché uestoè il test.” continua la donna, ignorando il mio stato confusionale. “Devi superare il test. Ma non preoccuparti, non è difficile. Pensa a chi hai amato di più e poi chiudi gli occhi. Poi immaginalo. Immagina il suo viso. Vedi il suo sorriso, senti il suo tocco. Ricorda il suo odore, la sua voce. Non dimenticare niente. Ora, cerca di liberarti di quei ricordi. Pensa alla cosa peggiore che gli hai fatto. Gli hai tradito? Gli hai mentito? Gli hai rubato? Dimmi, l'hai ucciso?” chiede. Esito per un secondo. “No, non ho mai ucciso nessuno” rispondo seccato. “Bravo! Molto bene. Se avessi mentito o tradito, non avresti comunque potuto superare il test. E tu l'hai già superato, vero?” dice la donna. Improvisamente mi rendo conto di qualcosa di strano. Queste persone sono in realtà i miei genitori. Mi hanno dato alla luce. Come ho fatto a dimenticarmene? Come ho potuto scordare i loro volti? La donna, che è mia madre, mi guida a questo punto verso un'altra stanza, sono confuso e scioccato, non ho la forza per ribellarmi o chiedere spiegazioni. Come in un sogno mi faccio trasportare dal flusso della sabbia in piena. Al centro della stanza c'è un tavolo coperto da una tovaglia bianca. Sopra di esso c'è un uovo di vetro. Intorno al tavolo ci sono 4 sedie, di fornte ad ognuna di esse un set di piatti e posate. Dietro di me, la porta si chiude. Mia madre si avvicina. “Siediti. Il tuo turno inizia oggi. Cerca di mangiare tutto l'uovo e assicurati che nessuno ti veda farlo”. Cosa vuol dire? Vuole che io rompa l'uovo e lo ingoi? È un qualche tipo di scherzo? Devo fingere di mangiare l'uovo e ingoiarlo? Come diavolo dovrei riuscire a farlo?. Quell’uovo di vetro è impossibile possa passare attraverso la mia gola. Guardo disperatamente intorno cercando di vedere qualsiasi segno che mi dica cosa stia succedendo. Forse vogliono che li inganni. Che menta loro. Ma perché si aspetterebbero ciò? Alla fine ho messo l’uovo in bocca, non vi sto mentendo: ho cercato di mangiare l'uovo, ma non scende giù. Qualcosa non va. La donna si toglie gli occhiali. I suoi occhi sono verdi e affilati come quelli di un gatto. Sento il rumore dei passi fuori. Qualcuno bussa forte alla porta. “Vattene, ho detto!” grida mio padre arrabbiato. Il suo viso è arrossato e sembra molto agitato, ma poi entra nella stanza un uomo alto e cammina verso di noi. È vestito con una tunica nera da prete e ha un cappello a cilindro, non riesco a dire se sembra un sacerdote, un dottore o un cacciatore che viene per la sua preda. La donna, che è mia madre, lascia la stanza. Mio padre non è mai stato veramente lì. Appena sono scomparsi, tutto è cambiato. Ho sentito un brivido improvviso correre lungo la mia schiena. Improvvisamente mi sono reso conto che quell'uomo era pericoloso, più di chiunque altro avessi visto prima. Quando la porta si è chiusa dietro di lui, l'aria è diventata più fredda e più scura. I peli sulla schiena mi si sono drizzati. Quest'uomo mi spaventa. Si avvicina lentamente e si ferma accanto a me. “Ciao, figlio” dice gentilmente. La sua voce suona così calma e amichevole che quasi gli credo. Per un attimo, mi chiedo dove siano sua moglie e i suoi figli, forse non è sposato dopo tutto. O forse i loro figli sono morti durante il parto. Cerco di rispondergli, ma non riesco a parlare. Noto che c'è una flebo attaccata al mio avambraccio, mi stanno iniettando qualcosa. Lentamente mi sto perdendo, poi il buio, ho perso coscienza.
Quando mi sveglio, sono a letto in un ospedale, o almeno così sembra. Un'infermiera è in piedi sopra di me tenendo un termometro davanti alla mia bocca. È caldo e umido. L'odore di alcol riempie le mie narici, il gusto mi fa venire la nausea. Ho un conato di vomito e sputo il termometro. “Va tutto bene” dice l'infermiera in tono rassicurante. “Non ti preoccupare”. Mette con attenzione lo strumento in una piccola scatola di plastica. Mentre giaccio qui sentendomi assonnato, comincio a chiedermi quanto ho dormito. Quanto tempo è passato da quando ho finito il test? È stato solo una notte o un’eternità? Dove sono i miei genitori? Cosa è successo a quell’uomo spaventoso? L'infermiera lascia la stanza, sono solo. Mi siedo rapidamente, guardandomi intorno freneticamente. Le persiane della finestra sono chiuse, e non riesco a vedere fuori. Tutto ciò che posso vedere è una leggera luce che filtra attraverso le fessure tra le doghe di legno del davanzale della finestra. Pensavo che fosse solo un colloquio di lavoro, ma si è trasformato in un incubo. Chi è quell'uomo che indossa una divisa da dottore( o era da sacerdote)? Cosa mi sta succedendo? I calore della poca luce mi concilia il sonno e così sprofondo tra le braccia di Morfeo in un umido letto di ospedale.
Mi sveglio e mi trovo in una foresta. Nessuna persona, nessuna città nelle vicinanze. Indosso gli stessi abiti che avevo quando sono entrato nell'edificio per il colloquio di lavoro. Ma non mi sento più stanco, mi sento in forma, ho tutta l’energia dell’universo. Era tanto tempo che non mi sentivo così. Cammino e presto mi trovo circondato da alberi e rovi, nient'altro. Il cielo sopra di me è di un chiaro blu. Gli uccelli cantano allegramente dalle alte ramificazioni che formano una cupola di foglie. Non riesco a capire come sia arrivato qui. Mi sono perso mentre tornavo a casa? O qualcuno mi ha mandato qui? Sono mai veramnte stato al colloquio?
Tutto è silenzioso tranne gli uccelli che cantano. Il terreno sotto i miei piedi è morbido. Continuo a camminare avanti. Dopo pochi minuti raggiungo una radura. Mi fermo improvvisamente perchè noto qualcosa di fronte a me, una creatura emerge dal sottosuolo in quello che sembrano delle pietre abbandonate e poi scappa nel folto della foresta. Ma quelle nono sono pietre, decido di avvicinarmi. Non ho mai visto niente del genere prima: un grande cerchio di pietre disposte simmetricamente intorno al centro.
“No! NO! Non funziona!” grido mentre strappo un altro foglio di carta, perché tutte le mie storie finiscono sempre in una foresta? Perché il protagonista è sempre solo?
Questa storia riguarda un ragazzo che vive in un villaggio in mezzo al nulla. Va a scuola tutti i giorni, studia duro e fa del suo meglio. Un giorno si ritrova in un luogo strano senza sapere come ci è arrivato o cosa sta succedendo esattamente.
Questa è letteralmente lo stesso racconto che scrivo sempre! Niente di più! È sempre la stessa cosa! Non riesco a scrivere o dire qualcosa di nuovo!
Ma possiamo creare qualcosa di nuovo o è sempre una permutazione di ciò che è stato già raccontato, o detto, o vissuto? Alla fine il drago altro non è che una lucertola con le ali da pipistrello, nente di nuovo. C'è un modo per fare le cose in modo diverso? Forse il problema è dentro di me, forse dovrei cambiare il mio atteggiamento nei confronti della scrittura. Devo solo pensare positivo e continuare a provare.