Hollow Knight deve tantissimo al capolavoro che fu Dark Souls, soprattutto nella sua narrazione e nel suo essere sempre appeso a un filo in cui l’ambiguità è l’elemento portante dei personaggi che incotreremo, ma deve anche molto alla massima di Miyamoto “equilibrio tra densità e rarefazione”.
Non mi soffermerò molto sul gameplay di Hollow Knight che risulta essere preciso e mai frustrante, il metroidvania stile platform l’ho sempre preferito al metroidvania con un combattimento troppo complesso à la souls. Hollow Knight unisce il platform al combattimento, permettendoci di usare le abilità in entrambe le situazioni così da renderlo semplice da imparare e da padroneggiare, senza però risultare semplicistico, infatti il combattimento di Hollow Knight è molto complesso e profondo se si decide di accedere alle sfide extra trama che richiedono una certa dose di bravura. Il combattimento risulterà ancora più stratificato quando decideremo di approfondirlo con le build e le combinazioni dei vari trincket che danno poteri e potenziamenti vari.
Il sound design e l’atmosfera è quello che rende Hollow Knight veramente speciale: (1) riconoscere ogni singolo personaggio dalla sua voce e dai suoi versi buffi dà una personalità unica agli stessi, (2) capire dall’osservazione del paesaggio che lì un tempo vivevano persone (cioè insetti) di diverse culture, (3) entrare in una nuova area completamente spaesato e all’oscuro della direzione giusta da prendere e finalmente sentire la canzoncina di Cornifer e cominciare quindi ad avere quella minima speranza di vittoria e di padronanza del luogo, è forse il cuore pulsante dell’opera del Team Cherry. Ma tutto questo non sarebbe così speciale se il gioco non fosse ben bilanciato, se, appunto, non avesse un perfetto “equilibrio tra densità e rarefazione”. Il ritmo è perfetto, l’opera alterna fasi di gameplay di platform e di combattimento a lunghe camminate contemplative con musica appena accennata se non addirittura nel solo silenzio. Anche nei suoi momenti finali, quando altri videogiochi ti incalzano con il ritmo e non ti danno più fiato, Hollow Knight si permette di rallentare e di prendersi i suoi tempi. Hollow Knight, in questo, ha un profondo rispetto del giocatore. Non ti fa mai correre e non è un caso che i checkpoint siano delle panchine in cui riposarsi e scambiare due chiacchiere con qualche altro viaggiatore, magari con Quirrell alla città delle Lacrime.
“Non è un posto perfetto per riposarsi? Adoro il suono della pioggia che batte sui vetri”.
- Quirrel.
Hollow Knight a suo modo racconta del conflitto tra razionalità e religione, una lotta ambigua tra questi due mondi. Da una parte le falene accecate dalla fede dello Splendore dall’altra il vuoto del Re Pallido. Non parlerò ora della lore di Hollow Knight che è complessa e sfaccettata, ma di quello che mi ha personalmente trasmesso come messaggio.
La fede porta felicità, in apparenza, ma anche sottomissione del pensiero a essa, infatti lo Splendore diventerà un’infezione che corromperà le menti dei molti insetti che vivono a Nidosacro. La fede e la religione dogmatica annebbiano la mente, portando una felicità illusoria perchè inconsapevole, perchè rifugiata nel credere in qualcosa piuttosto che nell’affrontare la realtà. Perchè ci si rifugia nei sogni, si evade la realtà e si volge il pensiero altrove per non cadere nella disperazione.
D’altro canto la razionalità porta il vuoto angosciante che richiede forza d’animo e di spirito per essere affrontato e non cadere in un dannoso e deprimente nichilismo. Nel momento che si capisce che nulla di metafisico esiste e che tutto è qui, il cuore viene stretto dall’angoscia e il terrore del vuoto cosmico attanaglia anche i più coraggiosi. Infatti, esattamente come nel buddismo zen, serve la vacuità per accogliere la nienteità, di fronte al nulla dobbiamo diventare vacui, fili sottili imbrigliati nella realtà pronti ad accettare l’altro per riempire quel terrificante vuoto. Proprio negli altri individui potremmo ritrovare noi stessi e, quindi, accogliere il prossimo. Credo, infatti, che i personaggi amichevoli di Hollow Knight siano così sfaccettati e, a modo loro, simpatici proprio perchè l’opera vuole trasmetterci che il senso della vita è l’accettazione dell’altro. Un altro ambiguo nelle sue intenzioni, in cui a volte faremo fatica a distinguere il bene dal male, ma dal cui incontro ne usciremo arricchiti.
Proprio come Dark Souls, Hollow Knight fa dell’ambiguità dei suoi personaggi e del senso di onirico la sua vetta estetica, i confini tra la veglia e il sonno sono labili, le intenzioni degli altri insondabili, la verità cenere e il giusto e lo sbagliato labili e fragili come il carapace dell’Uroverme.
“Di solito non ho difficoltà a giudicare chi incontro. Ma te, ti ho sottovalutato, anche se da allora ho capito la verità.”
- Hornet.
Avventurarsi nelle profondità di Nidosacro è una continua scoperta, ogni anfratto narra qualcosa o rimanda a storie passate, tutto allude ad altro. Incontrare altri avventurieri è una gioia, il senso di scoperta è costante, il ritmo perfettamente bilanciato, alcune aeree lasciano a bocca aperta e, anche se il gioco è un metroidvania in 2D, il mondo sembra vasto e ricco, pieno di segreti e storie, di individui che lì hanno avuto delle vite reali e complete.
Il bello di Hollow Knight sta nel perdersi per poi ritrovarsi.
“Perdersi e poi ritrovarsi è un piacere ineguagliabile. Tu ed io siamo estremamente fortunati, sai? Io faccio il cartografo di mestiere e ho appena completato la cartografia di quest'area”.
- Cornifer.