Strappare lungo i bordi di Zerocalcare mi ha fatto capire quanto noi Millennials siamo stati una generazione di mezzo, di passaggio, una generazione fallita che fatica a trovare un posto nel mondo.
Nati con l'analogico e cresciuti durante la rivoluzione digitale, ci siamo ritrovati spiazzati. Primi ad approdare sui social, ultimi a lasciare la realtĆ . Svezzati nell'ideologia della rivoluzione, che mai abbiamo fatto, siamo la generazione de L'Odio di Kassovitz e di Made in Hong Kong di Fruit Chan. Credevamo di poter cambiare il mondo, mentre ascoltavamo Eminem o i Baustelle, che non saremmo mai diventati degli inseriti e mai ci saremmo conformati: scuola ā laurea ā lavoro ā famiglia ā pensione ā morte.
Oggi, però, sgomitiamo per conformarci. Estranei su internet, nonostante si sia stati i rivoluzionari del web, e troppo giovani per la realtĆ , anche alla soglia dei quaranta anni. Non riusciamo ad abituarci alla velocitĆ in cui tutto cambia e tutto si dimentica. La generazione dopo di noi ha sviluppato una resistenza alla nostalgia, noi non riusciamo a scapparne, e riviviamo - attraverso fumetti, cinema, serie e videogiochi - gli anni ā80 e ā90. Incapaci di usufruire di un qualsiasi prodotto in pochi minuti, e di dimenticarsene una manciata di secondi dopo. Cresciuti col mito del Giappone anni ā80 e degli USA, ci ritroviamo da quasi 20 anni in una crisi economica e di valori (dell'occidente) senza pari, spaventati dallo spettro della Cina.
Abbiamo perso.
Non ci resta che conformarci e farci dire come ritagliare i bordi della nostra vita, guai a uscire fuori dalla linea tratteggiata per noi da altri, l'unica consolazione che ci rimane ĆØ la nostalgia della nostra infanzia. Tutte le generazioni rimpiangono la loro fanciullezza, ma nessun'altra generazione la consuma come un prodotto. Noi siamo questi: nati rivoluzionari, moriremo in attesa di una nuova trilogia di Star Wars.
«Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all'altro, il tizio, per farsi coraggio, si ripete: "Fino a qui tutto bene. Fino a qui tutto bene. Fino a qui tutto bene." Il problema non è la caduta, ma l'atterraggio.»
Da L'Odio di Kassovitz (1995)